9 Lug 2020

Economia UE sempre più in giù

Reagire alla crisi

“Una recessione più profonda con divergenze più ampie”. La Commissione europea decide significativamente di aprire così il documento di luglio di aggiornamento dei dati sull’andamento dell’economia europea. Il titolo esprime in maniera efficace cosa sta succedendo. Sappiamo ormai da mesi che il COVID-19 sta causando la più grave crisi economica dalla fine della Seconda guerra mondiale, ma col passare del tempo capiamo anche che la crisi via via si approfondisce. Così la maggior parte dei paesi europei, inclusi quelli economicamente più dinamici nel Nord e nell’Est dell’Ue, non vedranno il ritorno al loro livello di Pil pre-crisi nemmeno nel 2021. Ma col passare del tempo capiamo anche che la divergenza economica tra i Paesi del Nord e quelli del Sud dell’Europa si approfondisce. Cosa aspettarsi dunque per l’economia europea nei prossimi mesi? E cosa in particolare per il nostro paese che è tra i più colpiti dalla crisi?

 

Se la ripresa si allontana

La Commissione ha rivisto ancora una volta al ribasso le sue stime sulla crescita nel 2020 e 2021. Se ad aprile stimava che quest’anno il Pil dell’intera Ue si sarebbe contratto del 7,4%, adesso si spinge a un -8,3% (che si avvicina al 9% quando si tratta dei soli paesi dell’Eurozona). Queste stime si basano peraltro su un assunto fondamentale, ovvero che rimarranno in essere solo le misure di distanziamento sociale (con inevitabili effetti negativi su alcuni settori), ma non tutte le altre misure legate al COVID-19 (come le restrizioni alla libera circolazione di merci e persone). Ma, soprattutto, ipotizzano/auspicano che non ci sia una nuova grande ondata di contagi in autunno. Qualsiasi futuro inasprimento delle misure per contrastare il coronavirus (o, ancora peggio, una seconda ondata) renderebbero quindi i dati ancora più negativi.

Le previsioni della Commissione sui Paesi membri Ue (come spesso accade) non sono peraltro nemmeno le più pessimistiche. Il mese scorso il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha ritoccato al ribasso (di quasi tre punti percentuali) le sue stesse previsioni di aprile: il Pil dell’Eurozona dovrebbe crollare fino al -10,2%. Parallelamente, se la Commissione Ue prevede che il Pil di Germania, Francia e Italia si ridurrà, rispettivamente, del 6,3, 10,6 e 11,2%, il FMI si aspetta il -7,8, -12,5 e -12,8%. Quindi il quadro già molto negativo (e in peggioramento) tracciato dalla Commissione europea potrebbe esserlo ancora di più a fine anno.

Per capire inoltre che impatto potrebbe avere una seconda ondata di infezioni nel secondo semestre si può guardare alle previsioni dell’OCSE. Nelle sue previsioni dello scorso giugno il Pil italiano si contrarrà dell’11,3% se non ci sarà una seconda ondata, ma si spingerebbe al -14% con una seconda ondata. Dati praticamene identici verrebbero peraltro riscontrati, sempre secondo l’OCSE, in altri due paesi già fortemente colpiti dal coronavirus (Francia e Regno Unito), ma non in Germania che registrerebbe un -8,8% nel caso peggiore. A completare il quadro a tinte (molto) fosche c’è l’incognita Brexit che potrebbe ulteriormente peggiorare la situazione, soprattutto se non si raggiungesse un accordo sul futuro dei rapporti tra Londra e Bruxelles entro il prossimo dicembre. Ovviamente questo ulteriore impatto negativo lo si avrebbe soprattutto sulla crescita 2021, sulla quale però agirebbe (molto) positivamente l’introduzione del Recovery Fund. Infatti i dati della Commissione sul 2021 (con un rimbalzo della crescita UE previsto al +5,8%) non tengono cautelativamente conto dell’impulso positivo del fondo (anche perché non è stato ancora approvato dai leader europei).

Ma, come anticipato prima, a preoccupare non è soltanto la crisi che diventa sempre più profonda, ma anche la distanza tra i paesi del Nord e quelli del Sud Europa. Abbiamo già analizzato l’approfondimento della divergenza economica in Europa in questo articolo del 23 maggio scorso. Le distanze sia in termini di Pil che di occupazione e investimenti purtroppo aumentano – e sempre più velocemente – con l’approfondirsi della crisi. Una ulteriore prova del fatto che una crisi originariamente simmetrica sta producendo effetti sempre più asimmetrici. E un ulteriore motivo a sostegno del fatto che le misure di contrasto dell’UE (a partire dal Recovery Fund) devono anch’esse avere carattere asimmetrico. Non a caso l’Italia dovrebbe rappresentare il beneficiario numero uno del fondo.

 

Rischio Italia

Il dato certo sugli effetti del COVID-19 sul nostro paese riguarda il primo trimestre dell’anno. Secondo l’Istat il Pil reale è caduto del 5,3% soprattutto a causa di una marcata contrazione sul fronte delle esportazioni e degli investimenti. Dato che le misure più stringenti di contenimento del virus sono state prese a partire da marzo, i dati (non ancora disponibili) sul secondo trimestre saranno decisamente più negativi. Secondo l’analisi di luglio della Commissione, una inversione di tendenza dovrebbe iniziare a registrarsi nel trimestre luglio-settembre, per poi rinforzarsi nell’ultimo trimestre dell’anno. A guidare il rimbalzo dovrebbe essere la produzione industriale, mentre il contributo di settori come quello del turismo dovrebbe essere ben più modesto. Ovviamente tutto questo sempre nell’ipotesi che non ci sia una seconda (e significativa) ondata di infezioni nei prossimi mesi.

Nell’arco dell’intero anno l’Italia dovrebbe dunque lasciare sul terreno oltre l’11% del proprio Pil secondo la Commissione (ma, come anticipato sopra, il FMI reputa più probabile che la percentuale si aggiri tra il 12 e il 13%). Dove le previsioni di Commissione e FMI convergono è il recupero del Pil nel corso del 2021 che dovrebbe risultare di poco superiore al 6% (grazie soprattutto a una ripresa delle esportazioni che dovrebbero crescere di pari passo con la ripresa del commercio mondiale). Il che vuol dire che l’Italia, come molti altri paesi europei, nel corso del prossimo anno non recupererà il terreno perduto. Anzi inizierà il 2022 con un Pil che sarà del 6% circa più basso di quello del 2019.

Rimanendo al 2020, sempre secondo la Commissione, i depositi bancari delle famiglie (complici le minori spese soprattutto nel periodo del lockdown) dovrebbero mantenersi su livelli relativamente alti. Una nota positiva per il nostro sistema bancario che vedrà crescere la quota di crediti deteriorati (soprattutto di quelli delle imprese). Il grande clima di incertezza e la necessità per le imprese di ritenere liquidità peserà inevitabilmente sugli investimenti privati anche nella seconda parte dell’anno. Questi dovrebbero invece aumentare nel 2021 trainati soprattutto dagli investimenti pubblici anche grazie ai crediti e alle sovvenzioni a fondo perduto che l’Italia riceverà tramite il Recovery Fund (sempre che venga approvato quanto prima dai leader europei e rimanga quantitativamente significativo).

In una situazione come questa il rischio Italia rimane alto e potrebbe tradursi in un aumento dello spread sui nostri titoli. Fortunatamente ci viene ancora in soccorso la Banca centrale europea (BCE)  che ha recentemente annunciato di voler estendere il suo piano d’acquisto dei titoli di stato oltre la scadenza prevista di dicembre.

Insomma il futuro più prossimo per l’Italia appare tutt’altro che roseo, tanto più che molte incognite (in primis l’evoluzione dell’epidemia) possono far cambiare – e di molto – tutte le proiezioni indicate sopra. Comunque la si pensi, la tenuta del nostro paese dipende dall’Unione europea. Senza la BCE e senza tutte le altre misure europee non avremmo la forza di superare la crisi.

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