10 Lug 2020

America latina: la quiete prima della tempesta

America Latina

La quiete prima della tempesta, la calma piatta che prelude al terremoto, la lunga quarantena in cui montano rabbia e frustrazione: così è l’America Latina spazzata dal COVID. L’aveva visto fare sfracelli in Europa, aveva avuto il tempo di correre ai ripari, le barricate dovevano evitare il peggio: niente da fare, la pandemia le ha divelte e impera ovunque. Lasciamo stare i governi che s’erano esposti al disastro facendo spallucce, come quelli di Brasile e Messico: la stanno pagando cara. Ma anche quelli più tempestivi, quelli che sembravano aver reagito bene realizzando più test di tutti, come Cile e Perù, o che non avevano tentennato a dichiarare l’immediato lockdown, come l’Argentina, non hanno schivato lo tsunami. Per molti motivi: per incapacità politica nel primo caso, quello cileno; perché una storia di disorganizzazione istituzionale non si emenda per magia nel corso di una pandemia nel secondo caso, quello peruviano; per l’uno e per l’altro motivo nel terzo caso, quello argentino, dopo la quarantena è inoltre diventata l’alibi perfetto per monopolizzare il potere, arte in cui il peronismo è maestro. Tutti gli altri casi, con sfumature diverse e fatto salvo il virtuoso  Uruguay, sono un mix di ingredienti simili. Casi a parte sono Cuba, Venezuela, Nicaragua: i loro dati sulla pandemia sono credibili per chi ci crede; come verificarli? Per essi il COVID-19 è manna dal cielo: afflitto dall’emergenza, il mondo non fa le pulci ai loro soprusi; eccoli così stringere ancor più il cappio sul collo del dissenso. 

Dunque? La quarantena si prolunga ovunque all’infinito, l’economia è dappertutto in caduta libera, dilaga la disoccupazione, monta la violenza familiare, lievita il disagio infantile, decolla la rabbia sociale. La regione è una pentola a pressione pronta a sfiatare la sua imprevedibile potenza contro tutto e tutti. Governare un paese dell’America Latina non è un bel mestiere di questi tempi; è come guidare una vettura senza freni su una montagna russa. Si salvi chi può.     

 

I pericoli per il quadro politico ed economico…

 Stando così le cose, prevedere il futuro politico latino-americano è un esercizio di divinazione cui nemmeno Nostradamus si presterebbe, onde evitare l’onta della cilecca. Certo, alcune cose appaiono fin d’ora molto probabili. È probabile che finita la pandemia le forze politiche brasiliane trovino il consenso necessario per avviare una procedura di impeachment contro Bolsonaro, reo di avere snobbato il virus facendo sfoggio di incompetenza  e di essersi scagliato contro gli altri poteri dello Stato, cosa che in Brasile non è mai stato prudente fare. È probabile che la “quarta trasformazione” promessa in Messico con grande strepito da López Obrador finisca nel cestino dei grandi propositi falliti di cui è colma la storia latinoamericana; cestino cui era avviata ancor prima della pandemia: rimarrà uno specchietto per le gaudenti allodole populiste. È probabile che il peronismo argentino sarà una volta ancora ciò che è sempre stato, che il peronismo moderato e democratico di Alberto Fernández si riveli per quello che è: un ossimoro, il solito trucco per ingannare i soliti allocchi; il partito si farà Stato, lo Stato premierà gli amici e punirà i nemici, il governo invocherà la “sovranità” e otterrà l’ennesimo default, l’ennesimo isolamento internazionale, l’ennesima caduta sul piano inclinato della decadenza. 

Ma le nubi s’addenseranno ovunque: placate dalla pandemia, la tensione sociale e la polarizzazione politica torneranno a esplodere in Cile e Bolivia, in Ecuador e Colombia. Quanti governi ne usciranno in piedi? Quanti cadranno come birilli, travolti dalla marea di aspettative e rancori ingovernabili? Prepariamoci all’ascesa di nuovi caudillos, di professionisti della pesca nel torbido pronti a cavalcare l’onda additando capri espiatori, nemici esterni e nemici interni, offrendo placebo demagogici e utopie redentive. Quanti governi, infine, provata l’ebbrezza di governare una popolazione spaventata e reclusa, con parlamenti a mezzo servizio e giudici silenti, ci avranno preso gusto e proveranno a tirare dritto su quella strada? La democrazia, se non la forma di certo lo spirito, correrà gravi pericoli.

 

…  e le opportunità

Tutto nero, dunque? Una tragedia annunciata?  Non è detto: nulla come i traumi storici serbano sorprese. Sono trappole, ma anche opportunità. Le bocciature d’oggi potrebbero diventare promozioni nei libri di storia di domani. La pandemia è un cataclisma, è vero, ma anche un termometro che misura la qualità delle classi politiche, la solidità delle istituzioni democratiche, la maturità della società civile. Alcuni paesi hanno pochi anticorpi per farle fronte, ma altri potrebbero scoprire di averne più di quanti oggi parrebbe. Se il Brasile archivierà Bolsonaro senza ledere le procedure costituzionali, plaudiremo alla sua democrazia e si creeranno le condizioni per l’agognata riforma politica. Se il Cile uscirà dalla palude con un nuovo patto costituzionale ratificato dalla popolazione, avrà dato prova di equilibrio e responsabilità, avrà fatto un grande passo fuori dalla sua crisi di crescita. Se Perù e Colombia eviteranno la polarizzazione e  scommetteranno sulla cooperazione, se le elezioni spegneranno la strisciante tentazione di guerra civile in Bolivia, se il Messico smetterà di scimmiottare i populismi del passato e farà i conti con la realtà, se l’Argentina si lascerà alle spalle l’autolesionista ubriacatura kirchnerista, il 2020 passerà alla storia come l’anno della svolta, la pandemia come la dura prova che fece spiccare il volo al continente senza ali

Possibile? In taluni casi sì, perfino probabile; in altri casi no, pressoché impossibile; nella maggior parte dei casi un po’ sì e un po’ no: la storia dei paesi latino-americani non cammina tutta insieme allo stesso tempo nella stessa direzione. Non è mai stato così, non lo sarà nemmeno stavolta: ci sono paesi che hanno democrazie solide e paesi che le hanno di cartone, Stati efficienti e Stati inutili, società organizzate e società passive in perenne attesa del favore statale: come sempre, il futuro dipenderà da ciò che ognuno ha costruito in passato. 

 

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