11 Mar 2021

Decollare verso il futuro

Uno degli effetti più evidenti che la pandemia da Covid-19 ha avuto sulle nostre vite è stata la riduzione degli spostamenti individuali. Se fino a un anno fa prendere un aereo sembrava una delle azioni più semplici della nostra quotidianità, anche in virtù dei prezzi estremamente bassi che molte compagnie potevano offrire grazie agli elevati […]

Uno degli effetti più evidenti che la pandemia da Covid-19 ha avuto sulle nostre vite è stata la riduzione degli spostamenti individuali. Se fino a un anno fa prendere un aereo sembrava una delle azioni più semplici della nostra quotidianità, anche in virtù dei prezzi estremamente bassi che molte compagnie potevano offrire grazie agli elevati volumi di passeggeri trasportati e all’abbattimento dei costi accessori, oggi il mondo in cui viviamo oggi è profondamente cambiato: è sufficiente guardare in alto per accorgersi che i nostri cieli sono sostanzialmente vuoti.

Ovviamente, ci si aspetta che la situazione attuale sia temporanea e che, quando il coronavirus sarà stato finalmente sconfitto, il traffico aereo possa tornare quello di un tempo. Tuttavia, il sostanziale cedimento del settore dell’aviazione civile tra 2020 e 2021 è destinato ad avere un impatto finanziario sulle compagnie aeree che produrrà conseguenze anche nel medio periodo. Inoltre, il settore sarà soggetto – in maniera non dissimile dagli altri settori dell’economia – a una radicale transizione tecnologica che, in un’ottica di lungo termine, dovrà consentire di rispondere alle crescenti sfide poste dalla digitalizzazione e dalla sostenibilità climatica e ambientale.

 

Aerei a terra e un settore in crisi

Secondo l’International Air Transport Association (IATA) il 2020 è stato l’anno peggiore di sempre per l’aviazione civile. I numeri, del resto, sono decisamente eloquenti: le perdite economiche nette registrate dall’intero settore a livello globale nel 2020 ammontano a 118 miliardi di dollari, mentre la domanda da parte dei passeggeri è crollata del 65,9% rispetto al 2019. La contrazione della domanda ha colpito soprattutto i voli internazionali, mentre per quelli domestici il calo è stato inferiore, anche se ugualmente impressionante (-48,8%). Anche l’offerta di voli si è adeguata alla drastica riduzione della mobilità con un ridimensionamento del 68% della capacità di trasporto passeggeri e una riduzione del traffico che a dicembre 2020 era del 70% inferiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo le stime dell’International Civil Aviation Association (ICAO), ciò si traduce in un numero inferiore di passeggeri trasportati pari a 1,37 miliardi a livello globale, il che significa un ritorno ai livelli dei primi anni Duemila (proprio quando i viaggi aerei conobbero un boom grazie alla liberalizzazione delle rotte degli anni Novanta e alla proliferazione delle compagnie low cost).

Alle ricadute sul comparto dell’aviazione vanno aggiunte tutte le conseguenze negative sull’indotto: l’ICAO mostra che gli aeroporti hanno subito una perdita di ricavi di 112 miliardi di dollari, mentre il turismo internazionale potrebbe aver subito una contrazione compresa tra 910 e 1.170 miliardi di dollari. Di fronte a questi numeri, e alla luce della perdurante incertezza legata all’andamento disomogeneo tra Paesi e regioni della campagna vaccinale, fare stime sulla ripresa del settore non è facile: in ogni caso, anche le previsioni più ottimiste dell’ICAO non contemplano la possibilità che i viaggi aerei si avvicinino ai livelli del 2019, quantomeno per tutto il corso del 2021.

Ma alle già pesanti conseguenze della pandemia si sono aggiunti recentemente altri elementi che potrebbero rallentare ulteriormente il traffico aereo, quantomeno in Europa. L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ha infatti prodotto dei cambiamenti in questo ambito: se da un lato l’accordo ottenuto in extremis alla vigilia di Natale ha consentito di mantenere operativi i collegamenti tra l’isola britannica e il resto del continente, dall’altro la Brexit ha comportato l’abbandono di Londra al Mercato Unico, che fra le quattro libertà fondamentali contempla anche quella di movimento. Dunque, la nuova situazione si traduce nell’impossibilità per i vettori britannici di essere totalmente parte del mercato liberalizzato dell’aviazione all’interno dell’UE, così che: 1) le compagnie non possono più operare voli diretti tra due destinazioni nell’UE basate su licenze che erano state emesse dal Regno Unito (pensiamo ad esempio alle compagnie che offrono collegamenti su rotte nazionali in Italia pur avendo la propria sede all’estero; 2) non possono più operare rotte con partenza/arrivo dall’UE verso/da destinazioni extra-UE; 3) non possono più contribuire alla definizione degli standard di sicurezza decisi dall’Agenzia dell’Unione Europea per la Sicurezza Aerea (EASA). Pur non trattandosi di una vera e propria rivoluzione, tali cambiamenti potrebbero essere destinati a rallentare il traffico da e verso il Regno Unito, che prima della pandemia – attraverso gli scali londinesi – si era affermato come uno dei principali hub europei e globali per i voli civili. Di certo, il recesso britannico dalle istituzioni europee ha obbligato alcune compagnie, come Easyjet, a dotarsi di un’entità legale in un Paese dell’UE per poter continuare a operare voli “point to point” in UE, senza passare per il Regno Unito. A meno che non intervenga un provvedimento ad hoc, le compagnie aeree britanniche perderanno la redditizia tratta Milano Linate – Londra in virtù del decreto Delrio del 2016 che limita l’utilizzo dello scalo meneghino ai soli vettori comunitari per tratte intra EU.

 

Affrontare la transizione per decollare di nuovo

Il settore dell’aviazione dovrà prima di tutto riuscire a rilanciarsi e a riprendersi dalle estreme difficoltà finanziarie che sta sperimentando da un anno a questa parte. Il sostegno pubblico (che peraltro in Unione Europea è rigidamente disciplinato dalla normativa sugli aiuti di Stato) è stato finora decisivo (la IATA ha stimato che fino a novembre 2020 a livello globale erano stati spesi 178 miliardi di dollari in denaro pubblico per sostenere le compagnie aeree), non potrà essere l’unica risposta per far fronte a una situazione che lascerà conseguenze di natura strutturale.

In un’ottica di lungo periodo, infatti, anche l’aviazione non potrà sottrarsi alla sfida epocale della transizione energetica per garantire sostenibilità ambientale e contrastare il cambiamento climatico. Il settore dell’aviazione è responsabile di circa il 2,5% delle emissioni globali totali e del 12% del settore dei trasporti. Si tratta tuttavia di un settore difficilmente elettrificabile, che richiede quindi l’individuazione di carburanti alternativi. La stessa ICAO ha riconosciuto nel 2019 la necessità di sviluppare carburanti alternativi che riducano in modo significativo le emissioni di carbonio nell’atmosfera.

Tra i diversi progetti, i costruttori Airbus e Boeing, nonché compagnie aeree quali KLM e Easyjet, aeroporti come Heathrow e fornitori di carburante come Shell coopereranno nell’iniziativa Clean Skies For Tomorrow (CST). I suoi principali obiettivi sono di velocizzare la transizione verso carburanti sostenibili (ad esempio biofuel) e altre tecnologie di propulsione verde, che potrebbero ridurre in modo significativo le emissioni di gas serra.  La stessa Unione europea, nella recente European Smart and Sustainable Mobility Strategy ha previsto l’immissione in commercio dei primi aeroplani per l’aviazione civile a emissioni zero per il 2035, prevedendo inoltre che entro il 2050 l’intero trasporto aereo nonché gli aeroporti dell’Unione dovranno essere carbon neutral. Nel Rapporto Destination 2050, l’Associazione Airlines for Europe delinea le modalità per raggiungere emissioni zero nel 2050. In particolare, i miglioramenti nelle tecnologie aeree e nei motori dovrebbero determinare una riduzione del 37% delle emissioni, i Sustainable Aviation Fuels (SAF) garantiranno un’ulteriore diminuzione del 34% e, infine, i miglioramenti nella gestione del traffico aereo un’ulteriore riduzione del 6%.

A prescindere dal trasporto civile, inoltre, il settore dovrà affrontare nuove sfide di natura regolamentare che saranno poste da tecnologie in continua evoluzione. Ad esempio, il segmento dei droni ha vissuto una rapidissima evoluzione ed espansione, al punto che una codificazione più chiara delle regole per il loro utilizzo (a fini sia privati che commerciali) non sembra più rimandabile. L’Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC), autorità italiana in questo campo, ha da poco emesso un regolamento che recepisce il regolamento europeo 947/2019 sulla disciplina degli aeromobili senza equipaggio. L’impiego sempre più vasto di questo tipo di velivoli renderà sicuramente necessari aggiornamenti regolamentari nei prossimi anni, al fine di cogliere le opportunità economiche offerte dai droni ma anche per affrontarne le sfide in termini di sicurezza e privacy.   

 

La situazione italiana

Per l’Italia, secondo Paese manifatturiero dell’Unione europea e quinta destinazione turistica al mondo, la questione dell’aviazione civile rimane centrale e la compagnia di bandiera, Alitalia, vive da decenni una tormentata storia. La pandemia è andata a impattare su un’azienda che già precedentemente era in crisi, a fronte di un mercato nazionale in continua espansione, grazie soprattutto all’attività delle compagnie low cost. E il 2021 non si è aperto con prospettive positive nel breve periodo. Fiumicino, ad esempio, nei primi mesi del 2021 ha registrato un crollo del 78% rispetto al 2019 ed è uno dei 10 aeroporti dell’Unione europea più colpiti. Al contrario, segnali positivi si segnalano dal traffico cargo, dove a Malpensa a gennaio 2021 si è registrata una crescita del 24,9% rispetto a gennaio 2020, superando quindi i livelli pre-crisi.

Con il Decreto Legge 18 del marzo 2020 denominato “Cura Italia”, Alitalia è stata formalmente nazionalizzata e il Ministero dell’Economia ha acquisito il 100% delle azioni a, in quanto azienda ritenuta strategica per l’interesse nazionale e per il rilancio dell’economia nel post-Covid. L’11 novembre, infine, è stata costituita una newco ITA – Italia Trasporto Aereo SpA, con l’obiettivo di garantire una nuova compagine societaria e nuove linee strategiche, creando una reale discontinuità con la precedente Alitalia, come da richiesta del capo dell’antitrust europeo, la Commissaria Vestager. Il Presidente del Consiglio Draghi ha avocato a sé il dossier e ha rilanciato i negoziati con la Commissione, tentando di capitalizzare sul proprio standing internazionale. La Nuova Compagnia dovrebbe partire estremamente ridimensionata (circa 45-47 aerei rispetto ai 103 precedenti) per poi arrivare a 100 intorno al 2025. Il timore è che, tuttavia, un estremo ridimensionamento finisca per non garantire la massa critica di passeggeri sufficiente per essere competitiva nel mercato nazionale ma soprattutto in quello intercontinentale, riducendo ulteriormente i collegamenti internazionali con evidenti ricadute sulla capacità di attrazione di turisti internazionali verso il nostro Paese. Un problema serio, per un Paese che si proietta a ripartire nella prossima estate, e soprattutto nel prossimo anno, anche dal turismo straniero.

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