2 Ago 2021

Iran-Occidente: alta tensione

Il mondo in tasca

Cattive acque 

Un attacco “intenzionale e mirato”, secondo Downing Street. Ieri gli Usa e il Regno Unito hanno accusato il governo iraniano di essere responsabile del bombardamento di una petroliera gestita da una società israeliana, sabato scorso al largo delle coste dell’Oman. 

L’attacco, certo non il primo, stavolta ha ucciso un cittadino britannico e uno romeno, facendo salire la tensione tra Iran e Occidente. Teheran ha negato un proprio coinvolgimento (come sempre in passato), ma la Casa Bianca ha dichiarato di essere in possesso di “prove tangibili”. 

 

Legittimo sospetto 

L’attacco di sabato è il più grave da gennaio, quando Teheran aveva preso in ostaggio l’equipaggio di una petroliera sudcoreana (liberato ad aprile), e ricorda ciò che accadeva in quelle stesse acque nel 2019. Allora l'Iran fu accusato di aver condotto operazioni (nelle acque internazionali del Golfo, ma anche su navi ormeggiate negli Emirati) che avevano gravemente danneggiato diverse imbarcazioni. E a luglio dello stesso anno aveva catturato una petroliera britannica, tenendo in ostaggio i 23 membri dell’equipaggio per mesi. 

Nel frattempo però anche Israele ha aumentato i propri attacchi nei confronti di navi iraniane, con droni e in almeno dieci occasioni usando forze speciali: una strategia di “occhio per occhio” che è ormai sfociata in una sorta di “guerra ombra” regionale. 

 

Opzione nucleare? 

Mentre nello stretto di Hormuz la tensione è alle stelle, a Vienna prosegue il negoziato sul nucleare, che a Teheran servirebbe per poter riprendere a esportare petrolio ai paesi occidentali. All’appello mancano ancora quasi 2 milioni di barili al giorno: sarebbero circa 55 miliardi di dollari l’anno in più nelle casse dello stato, un quarto del PIL del paese. 

L’amministrazione Biden sembra disponibile a negoziare, ma non a tutti i costi. Per questo la palla è in mano alla nuova presidenza iraniana, che Ebrahim Raisi assume ufficialmente proprio questo giovedì, sancendo il passaggio a un gruppo dirigente di hardliners. Saranno proprio loro a dover trovare un equilibrio molto delicato: tra la necessità di dimostrarsi inflessibili con l’Occidente e quella di arrivare a un compromesso. 

Adesso si vedrà quanto questa “guerra acquatica” possa complicare il negoziato “a terra”. 

 

 

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