7 Set 2021

L’Italia e la lunga strada per un G20 sull’Afghanistan

Daily focus

L’Italia, presidente di turno del G20, cerca la sponda di Pechino per un vertice delle maggiori economie del mondo sull’Afghanistan. Draghi e Xi a colloquio, ma la strada è in salita.

 

Mentre dall’Afghanistan arriva la notizia della creazione del nuovo governo a guida talebana, a livello internazionale prosegue febbrile l’attività diplomatica. L’Italia, presidente di turno del G20, è in prima fila: da settimane sta cercando di organizzare un vertice politico che includa le grandi potenze coinvolte nel Risiko afghano, Russia e Cina in primis. Ma se con Mosca il dialogo è partito rapidamente, con la Cina le cose si sono mostrate più complicate fin dall’inizio. Oggi il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, ha avuto un colloquio telefonico con il presidente cinese Xi Jinping. Secondo l’Ansa, “la discussione si è concentrata sugli ultimi sviluppi della crisi afghana e sui possibili fori di cooperazione internazionale per farvi fronte. Il Presidente Draghi e il Presidente Xi hanno discusso anche della collaborazione tra i due paesi sia in vista del Summit di Roma sia sul piano bilaterale”. Ma dal comunicato della Presidenza del Consiglio non trapelano ulteriori dettagli e non è chiaro se il premier sia riuscito a strappare al presidente cinese un sì alla proposta di un vertice straordinario dedicato alla crisi in Afghanistan. Dopo l’apertura – condizionata – del presidente della Russia Vladimir Putin, l’Italia cerca ora la sponda di Pechino per creare un consenso multilaterale. L’incontro, più ampio di quello già tenutosi a Londra sotto gli auspici del G7 e presieduto dal Regno Unito, potrebbe dare un segnale importante ai Talebani, mostrando la compattezza della comunità internazionale per il dialogo che, volenti o nolenti, bisognerà impostare con i nuovi vertici dell’Afghanistan. 

 

 

L’attendismo della Cina?

Pechino è apparsa da subito fredda all’idea di un vertice del G20 sull’Afghanistan, muovendo per settimane la stessa obiezione: non può essere il G20, ovvero un forum dedicato a questioni prettamente economiche, il luogo di risoluzione di una crisi politica e diplomatica. In effetti l’Italia si sta facendo portatrice di una svolta rispetto al passato: da formato essenzialmente economico, nelle intenzioni dell’Italia, il G20 straordinario si trasformerebbe in un vertice politico. Ma questo non basta a spiegare perché tra la richiesta di Roma e la risposta di Pechino siano passate ben due settimane: la Cina sta prendendo tempo per capire come evolverà la crisi in corso a Kabul e che tipo di pressioni potrà operare sul governo dei Talebani. Al contempo, Pechino osserva le reazioni dei paesi partner nell’asia centrale, a vario modo coinvolti nel caos afghano. Il problema è che senza la presenza cinese nella partita, per l’Europa e la Comunità internazionale negoziare con i Talebani diventa complicato. Dopo il ritiro degli Stati Uniti, Pechino è un attore ineludibile per cercare di gestire i contraccolpi che deriveranno dal nuovo Emirato islamico. Se anche decidesse di partecipare inviando a Roma ‘solo’ il suo primo ministro Li Keqiang, anziché Xi, la Cina ridurrebbe di molte le ambizioni legate al G20 straordinario.

 

Le remore di Biden?

Nel confronto tra poli opposti che si va delineando sullo scenario internazionale, l’Italia si trova a dover gestire dall’altra parte dell’Atlantico anche lo scetticismo dell’alleato americano, che teme, accettando di sedersi al tavolo di un G20 straordinario sull’Afghanistan, di riconoscere a Pechino uno ‘status’ internazionale nella partita afghana. “Se Biden si definisce ‘aperto’ riguardo all’incontro – osserva il Guardian – le sue remore sembrano essere condivise da diversi democratici, secondo cui il vertice potrebbe sottolineare la portata del ritiro politico e militare degli Stati Uniti e lasciar intendere che Washington ha bisogno del sostegno dei suoi avversari per prevenire la rinascita di una rete terroristica in Afghanistan”. Da un punto di vista diplomatico il momento resta delicato anche perché, finora, le grandi potenze mondiali e regionali si sono mosse in ordine sparso. Il Pakistan gioca, ad esempio, un ruolo importante nelle vicende afghane ma associarlo al G20 straordinario potrebbe creare irritazione a Nuova Delhi. Così come l’Arabia saudita non gradirebbe sedersi allo stesso tavolo dei rappresentanti del Governo di Teheran. 

Ma l’Italia resta ferma sulla sua idea: per evitare una crisi umanitaria e per far fronte al possibile rischio di un’escalation ci sarà bisogno di tutti, dagli Usa alla Cina e dalla Turchia ai paesi dell’Asia Centrale.

 

Che ruolo per l’Italia?

Nonostante le difficoltà riscontrate finora, il premier Draghi ostenta fiducia: “Il G20 straordinario si farà” ha detto ancora venerdì scorso in conferenza stampa. Ma, se così fosse, non sarà comunque nella prima metà di settembre, come era stato inizialmente pensato. Si attenderà la discussione finale dell’assemblea generale dell’Onu al Palazzo di vetro, in programma tra il 21 e il 27 settembre. Un appuntamento che doveva essere anche l’occasione per una visita di Draghi alla Casa Bianca, ma che ora, con le nuove restrizioni per via dell’aumento dei contagi negli Stati Uniti e l’invito dell’Onu a evitare l’invio di grosse delegazioni, potrebbe svolgersi da remoto. E lo stesso vale per il G20 straordinario. Un’ulteriore sfida per un forum che propone di ricomporre il puzzle degli interessi geopolitici in ballo, proprio mentre l’Europa cerca di recuperare il terreno perduto sulla scena internazionale

 

Il commento

Di Filippo Fasulo, Osservatorio Geoeconomia ISPI

“L’Afghanistan è un problema di portata globale che potrà essere risolto solo con il responsabile coinvolgimento di tutti i principali attori mondiali. È questo lo spirito con cui Draghi ha promosso un G20 straordinario sull’Afghanistan che deve necessariamente passare per il sostegno della Cina, il grande vicino di Kabul. Il tema è stato trattato nella telefonata odierna tra Draghi e Xi Jinping. Mentre il premier italiano ha messo in luce come l’influenza cinese sul nuovo governo afghano sia cruciale, Xi – pur apprezzando la guida multilaterale italiana – ha preferito puntare sui rapporti bilaterali con Roma fondati su cooperazione culturale ed economica. Il fatto stesso che si sia parlato di Afghanistan è comunque un segnale positivo anche se la strada per un consenso sulla stabilizzazione del Paese sembra ancora lunga”.

 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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