5 Nov 2021

Cop26: in piazza contro il ‘bla bla bla’

Cambiamento climatico

Greta Thunberg guida la consueta protesta dei Fridays for Future a Glasgow dove è in corso la Cop26 sul clima: “Vogliamo giustizia climatica, ora”.

 

Dopo aver accusato i ‘grandi’ del mondo di continuare a fare promesse vane, i giovani scendono in piazza a Glasgow per chiedere fatti. “Finora abbiamo sentito solo parole. Con queste proteste vogliamo fare pressione a chi è al potere, per proteggere le persone e le generazioni presenti e future” ha commentato l’attivista ugandese Vanessa Nakate. Ispirati dalla svedese Greta Thunberg, i giovani dei Fridays for Future puntano il dito anche contro la Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, in corso da lunedì scorso nella città scozzese: “Questa non è più una conferenza sul clima. È un festival del green-washing – ha scritto Greta Thunberg sul suo profilo Twitter – Due settimane di celebrazione del business e solo bla bla bla”. Intanto, dai saloni a porte chiuse della conferenza sul clima, emerge un quadro in chiaroscuro: agli impegni concreti, come lo stop alla deforestazione e il taglio del 30% alle emissioni di metano entro la fine del decennio, si contrappongono prese di distanza e assenze ingiustificate (Cina e Russia). Mentre su tutto gravano gli allarmi degli esperti. Secondo le Nazioni Unite se anche gli impegni nazionali presi finora venissero rispettati, non basterebbero ad invertire la rotta: entro il 2100 il mondo sarebbe comunque più caldo di 2,7 °C rispetto ai livelli preindustriali. E senza un piano di applicazione, una road-map condivisa, l’obiettivo di contenimento del riscaldamento globale entro 1,5 gradi come previsto dagli Accordi di Parigi del 2015 rischia di rimanere solo una voce nella lunga lista dei ‘buoni propositi’.

 

 

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A piccoli passi?

Eppure, dalla Cop26 arrivano anche buone notizie. Come sottolineato da Boris Johnson: “Se prima di Glasgow perdevamo 5 a uno contro il cambiamento climatico, ora abbiamo segnato un paio di gol e, con un po’ di fortuna, andremo ai supplementari”. Ma quali sono le decisioni che, secondo il premier britannico, fanno ben sperare? Intanto, l’accordo per mettere fine alla deforestazione entro il 2030, che coinvolge anche paesi come Cina e Brasile o ancora l’impegno, sottoscritto da un centinaio di paesi, a porre fine ai sostegni pubblici al settore dei combustibili fossili -principale responsabile delle emissioni di gas serra – e quello ad interrompere i progetti da loro finanziati all’estero su combustibili fossili entro la fine del 2022. Iniziative incoraggianti, certo, ma segneranno davvero, come ha osservato il presidente della Cop26 Alok Sharma, “la fine dell’era del carbone”? Se tra i firmatari figurano alcuni dei maggiori consumatori, come la Polonia, mancano nomi importanti come Stati Uniti, India e Cina. Gli Usa non riescono ad emanciparsi dal carbone per soddisfare il loro fabbisogno energetico, mentre Pechino ha promesso lo stop sulle centrali all’estero ma non a quelle in casa, necessarie per gli obiettivi di sviluppo che il paese punta a raggiungere. Più che un passo storico, come annunciato da Glasgow, forse è solo l’unico che si è riusciti a fare.

 

Super ricchi = super inquinatori?

Intanto, un nuovo rapporto della Ong Oxfam denuncia un aspetto meno dibattuto della lotta al riscaldamento globale ma non per questo meno scioccante: un singolo volo spaziale – la nuova moda tra i super-ricchi – inquina quanto il miliardo di persone più povere del mondo. E nel 2030 le emissioni di CO2 prodotte dall’1% delle persone più ricche del pianeta saranno 30 volte superiori a quanto sostenibile per contenere l’aumento delle temperature globali entro 1,5°C rispetto all’era pre-industriale. Numeri che indicano, senza lasciare spazio a dubbi, quanto la questione climatica sia legata ai temi di giustizia e disuguaglianze. Senza una radicale inversione di rotta – secondo il rapporto, prodotto in collaborazione con l’Institute for European Environmental Policy (IEEP) e lo Stockholm Environment Institute (SEI) – tra meno di 10 anni le emissioni prodotte da mega yacht, jet privati e viaggi spaziali dal 10% più ricco potrebbero spingerci verso il punto di non ritorno. E a pagarne il prezzo, come accade già oggi, saranno le persone più povere e vulnerabili del pianeta, che a causa dell’impatto del cambiamento climatico, stanno già affrontando eventi climatici estremi oltre a migrazioni climatiche, carestie e miseria.

 

 

Ancora ‘bla bla bla’?

“It’s green-washing”: Greta Thunberg si è ripresa di nuovo la scena – dopo l’ormai famoso intervento sul ‘bla bla bla’ alla PreCop di Milano – durante la tavola rotonda sul tema della compensazione delle emissioni di carbonio con l’inviato per il Clima delle Nazioni Unite, Mark Carney. Durante la conferenza, dopo l’abbandono della sala da parte dell’attivista svedese, si sono alzate in segno di protesta anche tre attiviste di Greenpeace e dell’Indigenous Environmental Network, che hanno mostrato i cartelli definendo la task force “una truffa”. È per questo che migliaia di giovani hanno raggiunto oggi Glasgow da ogni parte del mondo. Ai leader riuniti in Scozia chiedono coraggio, determinazione e lungimiranza: sostenere, come promesso, i paesi a basso reddito verso la transizione e sospendere il consumo e il sostegno all’utilizzo di combustibili fossili. “Questa non è un’esercitazione. È un codice rosso – scrivono in una lettera aperta indirizzata ai potenti della Terra – Milioni di persone soffriranno per la devastazione del nostro pianeta. Le vostre decisioni causeranno o eviteranno questo scenario terrificante. Sta a voi decidere”.

 

Il commento

di Ruben David, Osservatorio geoeconomia ISPI

Dentro i palazzi della COP26 si discute di come coinvolgere i giovani per intensificare l’azione per il clima, ma fuori, tra le strade di Glasgow, quegli stessi giovani dicono che i leader mondiali non sono più credibili e che anzi alcuni andrebbero addirittura processati in quanto “climate criminals”. Il cambiamento climatico è anche, o forse soprattutto, una questione di giustizia intergenerazionale. E i giovani sentono che l’attuale classe politica gli sta imponendo un’ingiustizia. La speranza si è ormai sgretolata e se le promesse fatte finora non sono state mantenute, come fidarsi di quelle future? Come dargli torto. Basta un semplice dato per dimostrare che hanno ragione a sentirsi una generazione tradita da una classe politica forse troppo compromessa con i paradigmi del passato: mentre Cop26 va avanti le emissioni climalteranti stanno aumentando”.

 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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