Soffiano venti di guerra in Ucraina. Domani a Parigi colloqui “in formato Normandia” per cercare una via d’uscita.
I consiglieri politici di Russia, Ucraina, Francia e Germania si incontreranno domani a Parigi per colloqui ‘in formato Normandia’ sull’Ucraina orientale. Una fonte presidenziale russa, riferisce la Tass, ha precisato che per Mosca parteciperà il vice capo di stato maggiore dell’ufficio esecutivo presidenziale Dmitry Kozak. Intanto però Stati Uniti e Regno Unito hanno ordinato il ritiro dei familiari del personale diplomatico presente in Ucraina, segno che nonostante gli spiragli intravisti al termine dell’incontro tra Sergei Lavrov e Anthony Blinken, venerdì a Ginevra, le tensioni restano altissime. E a suonare la grancassa, nel fine settimana, ci ha pensato Londra che ha accusato Mosca di pianificare un golpe per insediare un leader filo-russo a Kiev. Secondo il Foreign Office – che ha ricordato come i servizi di intelligence russi abbiano legami con molti ex politici ucraini – il candidato più verosimile è l’ex vicepremier ucraino Yevhen Murayev. Accuse che Mosca ha respinto come “assurdità”: “Chiediamo al ministero degli Esteri di smetterla di diffondere sciocchezze”, ha twittato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Lo stesso Murayev ha reagito con incredulità all’Associated Press che lo ha raggiunto via Skype, obiettando che le affermazioni britanniche sono “ridicole e divertenti” al tempo stesso e ricordando che dal 2018 gli è negato l’ingresso in Russia con la motivazione di essere una minaccia alla sicurezza. Murayev ha spiegato che la misura è stata predisposta sulla scia di un conflitto con Viktor Medvedchuk, il più importante politico filo-russo dell’Ucraina e amico personale del presidente russo Vladimir Putin. Il ministro degli Esteri inglese Liz Truss – che non ha fornito prove a sostegno delle accuse – ha dichiarato che queste ultime si basano su valutazioni dell’intelligence.
Chi preme sull’acceleratore?
L’ordine impartito da Stati Uniti e Regno Unito di ritirare dall’Ucraina i familiari dei diplomatici a causa della ‘minaccia crescente’ della Russia ha colto di sorpresa anche Kiev, che lo ha definito “prematuro ed eccessivo”. “Con tutto il rispetto del diritto degli stati stranieri a garantire la sicurezza delle loro missioni diplomatiche, noi consideriamo questa misura come prematura ed eccessiva”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri ucraino. Intanto, mentre i consiglieri militari soffiano sul fuoco alla ricerca del ‘casus belli’, incuranti di una porta che – vale la pena ricordarlo – a Ginevra è stata lasciata aperta, la Nato ha deciso di “inviare navi e caccia in Europa dell’est per rinforzare la nostra capacità di deterrenza e difesa”, si legge in una nota del Patto Atlantico. Anche gli Stati Uniti stanno valutando l’invio di navi, aerei e fino a 5mila uomini nelle repubbliche baltiche e in altri paesi dell’ex blocco sovietico oggi membri della Nato, secondo il New York Times. Una mossa che ha scatenato le ire russe secondo cui “la Nato inasprisce le tensioni”. A gettare acqua sul fuoco è l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, che osserva: “Noi non faremo la stessa cosa, perché non ci sono ragioni specifiche. Non credo che si debba drammatizzare la situazione, i negoziati con la Russia sono in corso e non penso che si debba lasciare l’Ucraina”.
Rischio escalation?
L’inizio dell’ennesima crisi lungo il confine ‘più caldo d’Europa’ risale a metà dicembre, quando Mosca ha iniziato ad ammassare più di 100mila soldati e armamenti alla frontiera con l’Ucraina. Mosca – minacciata di nuove sanzioni e “conseguenze disastrose” in caso di intervento – ha sempre smentito di avere in programma un’invasione. Dopo settimane di tensioni il presidente Vladimir Putin ha svelato al modo qual è la vera posta in gioco con due trattati che chiedono che la Nato ritiri le proprie truppe da Bulgaria, Romania e dagli altri paesi dell’Europa centro-orientale un tempo sotto l’influenza dell’Unione Sovietica, ma che dopo il 1997 sono entrati a far parte dell’Alleanza atlantica, e la rinuncia ad un ulteriore allargamento a est dell’Organizzazione. Nelle intenzioni del Cremlino, la partita riguarda i futuri equilibri geopolitici del continente e, di conseguenza, investe in pieno la questione della sicurezza europea. Dal canto loro, gli Stati Uniti chiedono il ritiro dei militari russi ammassati al confine orientale ucraino e studiano le contromosse: tra queste l’invio da mille a 5mila soldati americani con la possibilità di aumentare di dieci volte questo numero se le cose dovessero deteriorarsi. Se la crisi è stata creata artificialmente, il rischio oggi è l’escalation di un conflitto che dal 2014 ad oggi ha già fatto 14mila morti e due milioni di profughi.
L’Europa teme un boomerang?
Intanto, la questione ucraina ha tenuto banco anche alla riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea a cui ha partecipato in collegamento virtuale il Segretario di stato americano Blinken. Quanto sia alta la posta in gioco e quanto pesino – nonostante tutti si affannino a smentirle – i distinguo tra Washington e Bruxelles è reso evidente dalla notizia secondo cui il presidente USA Joe Biden sta negoziando con il Qatar una fornitura di gas all’Europa in caso di conflitto. L’Europa infatti dipende da Mosca per la maggior parte delle sue forniture energetiche e molti in seno alle istituzioni comunitarie sono convinti che in caso di conflitto il continente, già alle prese con un massiccio aumento dei prezzi, si esporrebbe ad uno shock energetico senza precedenti. Senza contare che anche nuove sanzioni, in un momento di carenza di risorse e con un sistema economico che cerca di riprendersi dopo la battuta d’arresto causata dalla pandemia, rischia di rivelarsi un boomerang per l’Occidente. “Difficilmente Putin avrebbe potuto scegliere momento migliore per sfidare l’Europa – osserva Tobias Ellwood, membro del Parlamento britannico al Washington Post – La Gran Bretagna è consumata da una crisi di leadership […], la Francia si avvia alle elezioni. E il nuovo governo tedesco deve ancora trovare un equilibrio dopo 16 anni di guida di Angela Merkel”.
Il video-commento
Di Paolo Magri, Vice-Presidente Esecutivo ISPI
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)