28 Gen 2022

Speciale Ucraina: l’ora dell’Europa

La crisi

Macron sente Putin al telefono e stasera parlerà con il leader ucraino Zelensky. La via d’uscita diplomatica alla crisi ucraina passa per l’Europa?

 

È ancora presto per dirlo, ma l’escalation militare lungo il confine orientale dell’Ucraina potrebbe trovare una soluzione diplomatica anche grazie agli sforzi europei. Dopo giorni febbrili di colloqui e incontri, oggi il presidente francese Emmanuel Macron ha avuto un colloquio telefonico di circa un’ora con il suo omologo russo Vladimir Putin e stasera – fa sapere in una nota l’Eliseo – parlerà con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Se nulla, al momento, è filtrato sui contenuti dei colloqui, è fuor di dubbio che Macron, presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, si sia fatto portavoce di una mediazione – sostenuta anche da Italia e Germania – per cercare di disinnescare la crisi ucraina e le tensioni crescenti tra Mosca e Washington. Quest’ultimo tema sarà sul tavolo anche nell’incontro che il prossimo 7 febbraio il cancelliere tedesco Olaf Scholz avrà con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden a Washington. L’Europa stretta tra due fuochi, insomma, cerca una via d’uscita ad un conflitto che non conviene a nessuno, senza che nessuno ci perda la faccia. Nelle scorse settimane molto si era detto dell’assenza della Ue ai tavoli decisivi per le sorti della sua stessa sicurezza. Se Putin “sa perfettamente come giocare sulle divisioni tra gli europei”, come osserva un editoriale di Le Monde, dargli l’opportunità di farlo non invitando la Ue ai colloqui stavolta non ha giocato in favore di nessuno, nemmeno degli Stati Uniti. “Ma è anche a Washington che i 27 devono mandare un messaggio chiaro, unito e deciso – prosegue il quotidiano francese – Il futuro del continente europeo non può essere negoziato senza la Ue”. 

 

 

 

La crisi vista da Kiev

Che lo scontro tra Mosca e Washington vada oltre il loro interesse nazionale lo hanno capito anche gli ucraini, che da giorni esortano tutti – americani compresi – ad abbassare i toni, avvertendo esplicitamente e persino in contraddizione con quanto sostenuto dagli alleati che un’invasione di terra da parte dei russi “non è imminente”. Non preoccupatevi, dormite sereni, non c’è bisogno di tenere le valigie pronte sotto il letto”, ha detto il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov intervenendo al parlamento di Kiev mentre il presidente Zelensky ha addirittura criticato la decisione di alcuni paesi alleati – tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Germania e Canada – di ritirare parte del loro corpo diplomatico come “un’esagerazione che non riflette l’imminenza di un attacco”. Ciononostante, il presidente americano Biden è tornato a ribadire al suo omologo ucraino “la chiara possibilità che la Russia possa invadere l’Ucraina a metà febbraio”. Secondo la Cnn, “la frustrazione a Kiev è aumentata man mano che la retorica statunitense contribuiva alla corsa alla svalutazione della moneta nazionale e a indebolire l’economia”, scoraggiando gli investitori e “provocando pericolose brecce di instabilità politica”.

 

Il dilemma di Ankara

Anche il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, cerca di ritagliarsi un ruolo di mediatore nella crisi. Putin ha accettato un suo invito ad Ankara e Erdogan ha fatto sapere che vedrà nei prossimi giorni, separatamente, anche Zelensky. “La Russia non sarebbe saggia ad attaccare, e in quel caso la Turchia agirebbe di conseguenza”, ha detto il leader della Turchia, membro Nato e, dopo gli Stati Uniti, secondo esercito dell’Alleanza per numero di uomini. Ankara ha ottimi rapporti con l’Ucraina, ma è anche un cliente dell’industria militare russa e con il Cremlino è presente in alcuni fronti caldi, dalla Siria alla Libia, fino al Nagorno-Karabakh. È difficile pensare che il tentativo conduca davvero a un risultato, ma è un sforzo che Erdogan sa di dover fare: in caso di conflitto, la Turchia sarebbe chiamata in causa e si troverebbe a dover scegliere da che parte stare: “Il sostegno alla Nato nella regione del Mar Nero ha più volte sollevato interrogativi a Mosca sull’impegno di Ankara nei confronti della Convenzione di Montreux del 1936 – spiega il quotidiano Al Monitor – La convenzione regola il traffico marittimo attraverso lo stretto turco del Bosforo e dei Dardanelli e impone rigide limitazioni alle navi militari degli stati non costieri, limitando di fatto l’accesso delle forze navali statunitensi e Nato al Mar Nero”.

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Military Update

Intanto, secondo il Pentagono, sarebbero ancora in aumento le truppe russe schierate preso il confine ucraino: “Continuiamo a vedere, anche nelle ultime 24 ore, un maggiore accumulo di forze combattenti schierate dai russi, ancora una volta, nella parte occidentale del loro paese e in Bielorussia”. Lo ha affermato il portavoce del Pentagono John Kirby, che ha precisato che l’accumulo però “non è drammatico”. Lunedì mattina, su richiesta degli Stati Uniti, si terrà invece un Consiglio di sicurezza straordinario dell’Onu per valutare la crisi. “Non è il momento di aspettare e stare a vedere cosa succede. Ora è necessaria la piena attenzione del Consiglio di Sicurezza, attendiamo con impazienza una discussione diretta e mirata”, ha spiegato l’ambasciatrice americana Linda Thomas-Greenfield. L’incontro avverrà alla vigilia dell’avvio della presidenza di turno russa dell’organismo. E dopo la consegna, avvenuta ieri, delle risposte scritte da parte di Usa e Nato alla Russia, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha spiegato in conferenza stampa che “La Russia non vuole la guerra in Ucraina ma difenderà i suoi interessi”. Aggiungendo che “se dipende dalla Russia, non ci sarà nessuna guerra”.

 

Il commento

Di Paolo Magri, Vice Presidente Esecutivo ISPI

“Eppur ci prova. L’Europa prova a rientrare in prima linea nella gestione della crisi ucraina. Lo fa – come già avvenne per la crisi in Georgia nel 2008 – attraverso la Francia, oggi come allora presidente di turno dei 27. Che sia un bene è chiaro a tutti perché in gioco c’è la sicurezza europea (e la tenuta delle nostre forniture energetiche) e perché in ogni negoziato, maggiori sono i canali aperti, più sono le possibilità di riuscita. Certo, serve che i russi siano disponibili ad accettare questo rientro in campo – mentre sino ad oggi hanno riconosciuto in primis il ruolo americano – e di sicuro Mosca farà di tutto per amplificare eventuali divergenze fra gli alleati. Ma al tentativo di Macron, soprattutto se concordato con Scholz e Draghi come pare, va data una chance!”

 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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