12 Apr 2021

Indo-Pacifico: il ritorno dell’America (vincente?)

Lo scorso 12 marzo, i leader di Australia, Giappone, India e Stati Uniti hanno promesso di unire le forze per far fronte alle sfide più urgenti del nostro tempo, a partire da Covid-19 e cambiamento climatico. L’annuncio è avvenuto tramite una dichiarazione congiunta intitolata “Lo Spirito del Quad” e rilasciata al termine del primo vertice […]

Lo scorso 12 marzo, i leader di Australia, Giappone, India e Stati Uniti hanno promesso di unire le forze per far fronte alle sfide più urgenti del nostro tempo, a partire da Covid-19 e cambiamento climatico. L’annuncio è avvenuto tramite una dichiarazione congiunta intitolata “Lo Spirito del Quad” e rilasciata al termine del primo vertice a quattro tra i massimi rappresentanti del Quadrilateral Security Dialogue, (QUAD), il gruppo di Paesi democratici che hanno coordinato la risposta umanitaria al maremoto dell’Oceano Indiano nel 2004 e che si preparano ad agire di nuovo insieme “a sostegno di una regione bisognosa di aiuto”. L’incontro, che i partecipanti hanno prontamente definito “storico”, ha sancito ufficialmente il ritorno degli USA in Asia a difesa dell’Indo-Pacifico Libero e Aperto (Free and Open Indo-Pacific).

 

Il rinnovato impegno degli USA in Asia

A un mese di distanza, è opportuno interrogarsi sul futuro del QUAD, un’alleanza nata con fini umanitari ma vista da alcuni come “un potenziale contrappeso alla crescente influenza cinese” nell’Asia Pacifica. Al tempo stesso, occorre analizzare le implicazioni di un rinnovato impegno statunitense sugli equilibri regionali, specialmente dopo quattro anni di politiche erratiche e messaggi contrastanti, segnati dal ritiro degli Stati Uniti dalla Trans Pacific Partnership (TPP) e dalla polemica sui costi della permanenza delle truppe americane nella regione. In questa fase di transizione, l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) è osservato speciale: dopo che la firma della Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) ne ha confermato l’importanza strategica, gli stessi leader del QUAD hanno riaffermato il proprio “forte supporto per l’unità e la centralità dell’ASEAN.”

Durante il faccia a faccia in Alaska di qualche settimana fa, il Segretario di Stato americano Anthony Blinken ha avvisato le sue controparti cinesi di sentire “profonda soddisfazione” da parte degli alleati per il ritorno degli Stati Uniti nell’Asia Pacifico, efficacemente contrapposta alla “profonda preoccupazione” con cui essi guarderebbero all’interventismo cinese nella regione. Eppure, come hanno giustamente ricordato Evan A. Feigenbaum e James Schwemlein del Carnegie Endowment for International Peace alla vigilia del vertice del 12 marzo, per avere successo, il Quad deve evolversi da club of four incentrato sulla Cina a gruppo di first movers capace di offrire soluzioni concrete ai problemi specifici della regione. Anziché cercare di realizzare il fantomatico “Arco Asiatico della Democrazia” evocato in passato dall’ex Primo Ministro giapponese Shinzo Abe, dunque, i quattro Paesi dovrebbero ritornare allo spirito del 2004 mettendo le proprie competenze ed esperienza al servizio degli altri attori regionali su questioni indicate da questi ultimi.

Dopo un lungo silenzio, esasperato dal vuoto di potere durante il passaggio dall’Amministrazione Trump a quella Biden, l’annuncio del Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan che “Il Quad si è impegnato a fornire fino ad un miliardo di dosi di vaccino all’ASEAN, all’Indo Pacifico e oltre entro la fine del 2022” sembra andare nella direzione auspicata. Come evidenziato da Michael J. Green su Foreign Policy, “la coraggiosa prima mossa in Asia” del nuovo Presidente americano non solo corrisponde alla richiesta più urgente degli alleati regionali – assistenza sul dossier Covid-19 – ma offre anche una rappresentazione efficace del pragmatismo che, stando alle recenti dichiarazioni, dovrebbe guidare l’azione del QUAD. Nel caso specifico, la combinazione della ricerca biotecnologica statunitense, la capacità di finanziamento giapponese, la forza produttiva indiana e il supporto logistico australiano potrebbe permettere ai quattro Paesi QUAD di ottenere insieme ciò che non sarebbe possibile ottenere da soli.

 

La nuova centralità del Sud-Est asiatico

In un’editoriale uscito sul Washington Post all’indomani del loro incontro, Joe Biden, Narendra Modi, Scott Morrison e Yoshihide Suga hanno opportunamente chiarito che il QUAD non può avere e non avrà successo senza “coordinamento e cooperazione” con i partner regionali. D’altra parte, come già accennato in precedenza, la stessa dichiarazione congiunta fa riferimento alla centralità strategica dell’ASEAN e all’ASEAN Outlook on the Indo-Pacific. Attraverso questo documento del 2019, noto con l’acronimo AOIP, i leader dell’ASEAN avanzarono la tesi della centralità del Sud-Est asiatico nello sviluppo di un’architettura regionale che sia al tempo stesso inclusiva e alternativa rispetto alla competizione “a somma zero" tra Cina e Stati Uniti. Commentando la citazione dell’ASEAN da parte del QUAD, Ravi Velloor, una delle firme più autorevoli dello Straits Times, ha però notato che la dichiarazione non fornisce molti dettagli sui metodi e modi del coinvolgimento dell’Associazione nei processi decisionali del quartetto. Il passaggio sulla “necessità urgente di ripristinare la democrazia e la priorità di rafforzare la resilienza democratica” in Myanmar, ad esempio, non fa menzione del ruolo dell’ASEAN, che sta invece lavorando a una difficile soluzione negoziata della crisi.

L’edizione 2021 del rapporto annuale dell’ISEAS-Yusof Ishak Institute di Singapore sulla condizione del Sud-Est asiatico ha evidenziato come oltre il 55% degli intervistati abbia fiducia negli Stati Uniti come partner strategico e garante della sicurezza regionale rispetto al 34,9% dell’anno precedente. Un chiaro ”effetto Biden" che sembra essere confermato dalla diffusa sensazione che la nuova Amministrazione aumenterà l’impegno statunitense nella regione (68,6%). Eppure, come ha sottolineato Velloor, il modo in cui tale impegno, attraverso il QUAD, sta prendendo forma, potrebbe rappresentare più un rischio che un’opportunità per le economie dell’ASEAN e non solo. L’accordo tra i leader del quartetto, ad esempio, prevede una maggiore collaborazione tra i rispettivi Paesi in materia di innovazione con l’obiettivo dichiarato di fissare i criteri che guideranno lo sviluppo di nuove tecnologie. La creazione di nuovi standard e normative, in alternativa se non in aperto conflitto con quelli cinesi, potrebbe aprire la strada al tanto citato decoupling tecnologico tra Stati Uniti e Cina con pesanti ripercussioni per i Paesi che si ritengono neutrali e le società che operano a livello internazionale.

 

Non si può fare a meno della Cina

Un simile scenario sarebbe però in forte contrasto con gli ambiziosi progetti di integrazione regionale che hanno preso forma negli ultimi anni proprio nell’Asia Pacifica, come il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP), profondamente segnato dal ritiro degli Stati Uniti nel gennaio 2017, e il più recente Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). Quest’ultimo in particolare è un accordo di libero scambio firmato il 15 novembre 2020, in occasione del vertice ASEAN ospitato dal Vietnam, dai dieci Paesi dell’Associazione e da cinque dei suoi maggiori partner commerciali: Australia, Cina, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda. Il fatto che due membri del QUAD, Australia e Giappone, abbiano deciso di sottoscrivere un accordo commerciale con la Cina in un momento di altissima tensione geopolitica invita a un’ultima riflessione sul futuro dell’alleanza.

Sembra infatti evidente, come scrive Harsha Kakar sul quotidiano indiano The Statesman, che “la dimensione economica è cruciale per il successo del Quad”; ma non si tratta soltanto di evitare a molti Paesi della regione una scelta impossibile tra investimenti cinesi e protezione statunitense. Nonostante l’approccio militaristico del recente passato sia valso al QUAD l’appellativo di “NATO asiatica", la logica dei blocchi che aveva caratterizzato la guerra fredda tra USA e URSS sembra quanto meno inadeguata a descrivere la situazione di forte interdipendenza economica tra il quartetto e la Cina. Quest’ultima rimane infatti il primo partner commerciale dell’Australia, del Giappone, dell’India e, ovviamente, degli Stati Uniti. Secondo Kakar, il QUAD dovrebbe espandersi in un QUAD plus che includa i Paesi più importanti dell’UE e dell’ASEAN al fine di offrire alle altre nazioni asiatiche un’alternativa valida alla Belt and Road Initiative e alle filiere cinesi. In realtà, un gruppo di coordinamento concentrato su un certo numero di questioni di rilevanza regionale e capace di coinvolgere gli attori interessati nella formulazione di un piano di azione collettiva potrebbe rappresentare molto più che una semplice alternativa alle iniziative cinesi: un loro rafforzamento secondo linee guida concordate direttamente con i Paesi beneficiari.

Al termine dell’incontro del 12 marzo, il quartetto del QUAD ha deciso di istituire tre gruppi di lavoro, dedicati rispettivamente a vaccini, tecnologia e clima. Mentre esperti e alti funzionari continueranno a incontrarsi con regolarità, i ministri degli Esteri si terranno aggiornati con costanza e i quattro leader si incontreranno di persona prima della fine del 2021. Nel frattempo, è fondamentale che essi continuino a coordinarsi tra loro e con i diretti interessati sulle priorità della regione, allargando il gruppo, laddove necessario, a Paesi terzi con competenze ed esperienze rilevanti. In questa delicata fase di transizione, l’Italia stessa, che dal 9 settembre scorso è "partner di sviluppo" dell’ASEAN e dal 1 dicembre presiede il G20, potrebbe giocare un ruolo di mediazione importante.

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