21 Apr 2022

Speciale Russia-Ucraina: la guerra sbarca al G20

Il mondo in tasca

Persona non grata

Sedie vuote e schermi spenti: è ciò che è successo al meeting del G20 finanziario di ieri quando ha cominciato a parlare Anton Siluanov, il ministro delle finanze russo. La sua presenza (virtuale) al forum, che raggruppa i governi delle maggiori economie mondiali, non era gradita a molti esponenti occidentali, che hanno deciso di abbandonare l’incontro. Fra questi il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, la presidente della Bce Christine Lagarde, e ovviamente la delegazione ucraina ospite.

Non si tratta certo di un fulmine a ciel sereno: già un mese fa Biden aveva chiesto (senza successo) che la Russia fosse espulsa dal G20.

 

"No business-as-usual"?

Così la guerra in Ucraina fa scricchiolare l’intera architettura finanziaria multilaterale. La protesta di ieri si inserisce infatti in un quadro di tensioni crescenti fra le maggiori economie globali. Da una parte i leader occidentali, che vorrebbero punire il Cremlino isolando l’economia russa. Dall’altra alcuni membri del G20, come India e Cina, che cercano difficili equilibrismi o scorgono l’opportunità di approfittare delle sanzioni occidentali per approfondire i loro rapporti commerciali con la Russia.

Basti pensare a Didi, la “Uber cinese”, che dopo aver annunciato il ritiro dalla Russia ha dovuto fare dietrofront a seguito di proteste in Cina. O alle mosse indiane per comprare (a forte sconto) il petrolio russo. E così la guerra in Ucraina spacca esattamente a metà il G20, tra chi sanziona (10 membri, equivalenti però al 57% del Pil mondiale), e chi no (il 29%).

 

La musica è cambiata

Dall'Indonesia, la nazione che quest’anno ospita il summit, i diplomatici si trincerano dietro a un "obbligo della presidenza del G20 di invitare tutti i membri". È certamente vero, ma ciò non significa che la Russia non possa essere esclusa dal vertice.

È già avvenuto in passato: nel 2014, dopo l’annessione della Crimea, con l’espulsione di Mosca il G8 tornò a essere G7. Nello stesso anno, poi, constatata la condanna internazionale quasi unanime, Putin lasciò il vertice G20 australiano in anticipo.

Ma per mettere Mosca alla porta servirebbe l’assenso di tutti: qualcosa di già categoricamente escluso da diversi membri, prima tra tutti la Cina. Viene da chiedersi per quanto ancora un G20 bloccato da veti incrociati potrà rimanere il principale summit di cooperazione economica mondiale.

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