7 Giu 2022

Grano: vittima di guerra

Il mondo in tasca

Cose turche

Oggi e domani Sergei Lavrov, ministro degli esteri russo, sarà in Turchia per discutere di “corridoi sicuri" per il trasporto del grano ucraino. Il grano è stato al centro anche di un altro incontro, quello tenutosi settimana scorsa a Sochi tra Putin e rappresentanti dell’Unione africana. Ma questa volta Erdogan, il cui paese controlla gli stretti che danno accesso al Mar Nero, sembra avere già in tasca un'intesa con Mosca.

È dal 24 febbraio che le spedizioni di grano ucraino sono in stallo, provocando un aumento dei prezzi dei cereali in tutto il mondo (+18% per prezzi che erano già ai massimi di sempre). Alcuni Paesi vulnerabili hanno già dovuto dichiarare l’emergenza alimentare, mentre altri (come l’India) preferiscono far fronte alle carenze vietando le proprie esportazioni.

 

Il prezzo è giusto?

Sarebbero 20 i milioni di tonnellate di grano bloccati in Ucraina da inizio crisi, e per evitare che i nuovi raccolti vadano perduti (ovvero per svuotare i silos) se ne dovrebbero esportare almeno 3-4 milioni al mese fino a fine anno. Certo, c’è chi (incluso lo stesso Putin) nelle ultime settimane ha parlato di speculazione: nel 2021 l’export di grano ucraino ha contato solo per l’1,8% della produzione mondiale.

Ma si tratta anche dell’8% del grano esportato a livello globale. Una cifra paragonabile al petrolio che verrebbe a mancare in caso di embargo totale alla Russia, e gli attuali prezzi del greggio (anche in assenza di embargo) stanno lì a dimostrare quanto i mercati di materie prime essenziali possano essere sensibili ai rischi di riduzione dell’offerta. Almeno in questa fase.

 

Nuove grane

Speculazione o meno, in assenza di un corridoio per il grano si aggraveranno le conseguenze sui Paesi che più dipendono dalle importazioni. Pur di continuare a pagare per il grano, a metà maggio lo Sri Lanka è stato costretto a dichiarare default sul proprio debito estero, avvitandosi in una profonda crisi economica e politica.

E poi c’è l’Egitto. Il Paese, tra i primi importatori mondiali di grano, necessita di 9 milioni di tonnellate solo per produrre pane a prezzi calmierati; pane che sfama il 70% della popolazione più povera. L’aumento dei prezzi del grano è un grosso problema per il Governo egiziano, perché fa lievitare dal 3% al 6% la quota del bilancio statale da destinare a questa politica.

Un caso che la prima nazionalità dei migranti sbarcati in Italia, quest’anno, sia composta da egiziani?

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