9 Mar 2022

ONU: perché molti paesi non si sono opposti all’invasione?

Russia e Ucraina

Sulla carta sembra un plebiscito: 141 voti a favore, 35 astenuti, 5 contrari. I numeri con cui l’Assemblea generale dell’Onu, in una riunione d’emergenza, ha approvato la condanna all’invasione dell’Ucraina parlano chiaro: Mosca è più sola che mai in questa guerra. 

Neanche le votazioni per fermare l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione Sovietica nel 1956 o quella dell’Afghanistan nel 1989 raccolsero un sostegno così ampio e ben superiore della maggioranza dei due terzi richiesta. Persino l’Afghanistan dei talebani ha votato a favore, dunque insieme agli Stati Uniti. E così hanno fatto Brasile e Ungheria, malgrado Bolsonaro e Orban dichiarino da tempo simpatie per Putin ed entrambi lo abbiano incontrato di persona nelle ultime settimane. Segno che in molti non credono alla versione proposta dall'ambasciatore russo all’Onu, quella di una guerra nata e combattuta “solo” per difendere il Donbass.

Così Mosca può contare sulle dita di una mano i voti contrari alla mozione. Voti riconducibili ai “soliti noti”. C’è la Bielorussia, e non poteva essere altrimenti visto il suo ruolo di complice più o meno attivo in questa guerra. C’è la Siria di Assad, voto scontato visto che da Mosca riceve protezione militare da più di un decennio. E ci sono Eritrea e Corea del Nord, due dittature che con la Russia condividono e subiscono il destino di paesi vittime di sanzioni occidentali. A questi si sarebbe probabilmente aggiunto il Venezuela, certamente non democratico, se il suo diritto di voto non fosse stato sospeso a causa di un eccesso di contributi Onu non pagati.

Ma c’è di più: è il silenzio assordante di chi ha preferito astenersi piuttosto che segnalare una posizione scomoda al Cremlino. Lo ha fatto praticamente tutta l’Asia (l’80% dei paesi del continente). E, presi singolarmente, alcuni paesi sono emblematici. È il caso di Cuba, che solo pochi giorni fa ha ricevuto una dilazione nel pagamento degli interessi sul debito dovuto a Mosca. Dell’Iran, dichiaratosi contrario alla guerra ma vicino alla retorica sostenuta dalla Russia di una crisi le cui radici affondano nelle provocazioni della NATO. E dell’India, che da Mosca riceve il 60% del suo equipaggiamento militare e dunque, paradossalmente, vota “insieme” all’odiato Pakistan. Tra gli astenuti c’è anche la piccola Bolivia di Morales, che già nel 2014 aveva riconosciuto l’annessione della Crimea, unico paese a non aver votato a favore della risoluzione in Sudamerica (il Venezuela, come detto, non aveva diritto al voto). 

Ma soprattutto c’è l’astensione della Cina, l’elefante nella stanza. Pechino si è limitata a ribadire la tradizionale contrarietà cinese alle violazioni di sovranità e a chiedere una soluzione diplomatica alla guerra. Guerra che però continua a chiamare, con il lessico di Putin, “operazioni militari speciali”. In sostanza, nessuna condanna, ma neanche sostegno esplicito. E un equilibrismo che stona con la dichiarazione di “amicizia senza limiti” che Vladimir Putin e Xi Jinping hanno firmato appena tre settimane fa in pompa magna a Pechino.

Insomma, Mosca appare sin da subito isolata dalla comunità internazionale. Ma l’astensione all’Onu di 35 paesi testimonia la volontà di non prendere posizioni scomode con il Cremlino di governi che rappresentano circa metà della popolazione mondiale. A dimostrazione che i nuovi equilibri post-invasione sono ancora tutti, inevitabilmente, da ridefinire.

 

L’articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera del 9 marzo 2022, all’interno dell’approfondimento “Dentro la guerra”

 

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