24 Mar 2020

Emergenza coronavirus: tre strumenti (europei) per rilanciare l’economia

Osservatorio ISPI-IAI sulla politica estera n.9

Fervono i lavori, soprattutto presso la Commissione, per preparare proposte alla considerazione delle prossime riunioni dell'Eurogruppo e del Consiglio Europeo, che si concentreranno su come fronteggiare in sede comunitaria sia il coordinamento e il sussidio agli sforzi sanitari nazionali contro l'epidemia di Covid-19 che le sue conseguenze economiche.

Oltre a decidere azioni molto urgenti e temporanee, destinate al limitato periodo permanenza del virus, si tratta di guardare più a medio termine preparando sostegni all’economia e alla stabilità finanziaria europee utili anche quando del virus resteranno le ferite economiche, magari ingrandite da un aumento dell'instabilità finanziaria e da problemi extraeuropei.

La Bce, con le sue ultime decisioni, ha fatto la sua parte ma non basta: occorrono le politiche di bilancio nazionali, la riforma del loro coordinamento europeo, iniziative di spesa e finanziamento comunitarie, reti di protezione da speculazioni destabilizzanti e, più in generale, segnali di accettazione di qualche concreta accelerazione dell'integrazione europea. Anche a Trattati invariati, alcune di queste misure possono generare innovazioni istituzionali importanti e mantenere la loro funzione nel lungo termine.

L'interesse italiano è per tutto ciò che rafforza l’UE e l'eurozona E la sua resilienza allo shock sanitario, alla brusca caduta delle produzioni e dei redditi e alle perturbazioni finanziarie. Infatti siamo per ora i più colpiti dal virus, le previsioni peggiori per il Pil, la fragilità speciale dell'alto debito pubblico e dello spread, una valutazione di più alto rischio-Paese dagli investitori internazionali, pronti ad abbandonarci nei periodi in cui vogliono ridurre le loro esposizioni rischiose e ad attaccarci con speculazioni destabilizzanti quando le nostre difficoltà paiono acuirsi.

È quasi sicuro che, nonostante l'opposizione di alcuni governi, le regole di bilancio europee verranno temporaneamente rilassate, ed è già avvenuta la sospensione del Patto di Stabilità. Vi sono da tempo proposte anche per modificarle stabilmente. Alle nostre esigenze di maggiori deficit per l'emergenza è già stata assicurata grande flessibilità. Il punto dunque non è essere autorizzati da Bruxelles a maggior spese ma rassicurare i mercati che devono assorbire il nostro maggior debito oltre, se possibile, a condividerne in parte l'onere con gli altri Paesi membri e assicurarci una rete di protezione comunitaria contro una speculazione che attaccando noi minaccerebbe l’unità dell'euro come nel 2012. Questa minaccia, a ben vedere, è una delle ragioni principali per cui non solo ciò che si riuscirà a decidere nell’interesse europeo è anche nostro interesse nazionale ma è vero anche il viceversa.

In prima linea c'è un nodo di possibili novità che lega la creazione di speciali Eurobond, il ripescaggio, con eventuali modifiche, degli OMTs (acquisti di titoli di Paesi in difficoltà da parte della Bce) che a Draghi bastò proporre senza mai utilizzare per vincere la speculazione, la riforma e il rafforzamento del ruolo del Meccanismo Europeo di Stabilità, già proposta da tempo e bloccata anche dall’opposizione dell'Italia. Non si può far tutto e occorre scegliere priorità che però coinvolgeranno comunque diverse istituzioni europee, quali la Commissione, la Bce e il MES. Limitiamoci nel seguito a descrivere schematicamente tre idee sulle quali si lavora e discute.

Gli Eurobond possono finanziare interventi specificamente diretti all’emergenza economico-sanitaria ma la loro istituzione, nel più lungo periodo, può servire per grandi progetti di investimento comunitario e collegarsi variamente a un auspicabile ingrandimento e riforma del bilancio pluriennale dell'UE. Possono essere costruiti in vario modo, emessi da enti diversi e utilizzati per diversi scopi. Al momento sembra prevalere, anche per la rapidità con cui potrebbero venire alla luce, la proposta di farli emettere dal MES come titoli autonomi e non come panieri di titoli nazionali acquistati in contropartita dal MES. Dati gli importi molto rilevanti potrebbero essere venduti alla BCE, con un tasso di interesse contenuto, utilizzando i proventi per finanziare spese ben determinate e orientate all’emergenza Covid. Se però dovessero essere privilegiati nel rimborso rispetto ai titoli pubblici nazionali potrebbero, paradossalmente, aumentare la rischiosità dei secondi. In questo caso dovrebbero essere irredimibili. Nelle sue diverse possibili varianti è una proposta che dovrebbe trovare il favore del nostro governo facilitandolo molto nel finanziamento dell’extradeficit che si prevede.

L’altra idea della quale si parla con qualche insistenza è, come detto prima, il ripescaggio degli OMT di Draghi, apprezzati per consentire interventi massicci e mirati della Bce in acquisto di titoli pubblici nazionali i cui prezzi venissero bruscamente ed esageratamente depressi da speculazioni che si auto-alimentano ingigantendosi (e quindi i cui rendimenti e spread rispetto ai tassi di altri Paesi crescessero in modo ingiustificato). Nella loro regolamentazione attuale la loro attivazione implicherebbe una richiesta speciale di aiuto del Paese aiutato rivolta al MES e sarebbe condizionata alla sottoscrizione di un accordo che impegni il Paese a riforme e aggiustamenti finanziari controllati dalle autorità europee (quella che una volta era chiamata “troika”). Queste regole scoraggiano però il loro utilizzo anche per lo stigma di etero-direzione punitiva della politica economica che ne verrebbe. Si tratterebbe, vista l'esigenza specifica, di consentire OMT speciali, diretti a fronteggiare esigenze di indebitamento connesse all’epidemia limitando il condizionamento al controllo della destinazione dei proventi a spese effettivamente attinenti alla crisi da Covid.

Un'altra ipotesi di riforma implicherebbe un mutamento delle regole del MES che consentano agli Stati di chiedere un “finanziamento precauzionale” (un’operazione contemplata già ora per il MES, in aggiunta agli interventi di gestione di crisi in atto per l'insolvenza di un governo, come successe nel caso greco) di tipo speciale, per affrontare le spese straordinarie derivanti dell’epidemia, condizionato solo dal controllo della effettiva destinazione dei fondi. Sembra al momento difficile però ottenere che questa opportunità sia concessa senza che il MES (istituzione intergovernativa dove votano i rappresentanti degli Stati membri), insieme alla Commissione ma in una posizione che alcuni Stati vorrebbero di preminenza, conduca una valutazione della sostenibilità del debito del Paese che la richiede. Valutazione che se avesse esito negativo potrebbe obbligare a una ristrutturazione del debito, finendo per trasformare un aiuto preventivo in un ricorso ad assistenza fortemente condizionata dalla “troika” o a un default sotto l'attacco dei mercati. Ma lo spazio per la trattativa non manca.

All'Italia converrebbe condurre la trattativa con un atteggiamento costruttivo e non puramente difensivo, consapevole che il suo alto debito mette comunque in pericolo la continuità del collocamento dei suoi titoli sui mercati e quindi la sua solvibilità. Si tratta di trovare, scegliendo nel menu delle proposte in discussione e di loro possibili combinazioni, un compromesso realistico e accettabile. A questo fine la forza contrattuale del Paese crescerebbe se fosse in grado di presentarsi a trattare avendo pronto un piano pluriennale credibile che preveda riforme strutturali da tempo sollecitate anche dall’UE e un graduale ridimensionamento del debito. La flessibilità della nostra postura diplomatica è cruciale per trovare le giuste alleanze ed evitare che tutto venga rimandato. Nelle nostre condizioni sopporteremmo il costo più elevato del mancato progresso dell'UE su fronti così urgenti, per i pericoli immediati, ma importanti anche nel suo cammino di integrazione di lungo periodo.

 

Questo articolo è stato pubblicato nell’ambito dell’Osservatorio ISPI-IAI sulla politica estera italiana, realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. 

Le opinioni espresse dall’autore/autori sono strettamente personali e non riflettono necessariamente quelle dello IAI, dell'ISPI o del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

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