22 Apr 2020

Visto da New Delhi: così l’Italia si prepara alla “fase 2” dell’ India

Di fronte all’emergenza coronavirus l'India è intervenuta immediatamente, annunciando un lockdown completo di 21 giorni il 23 marzo scorso quando nel paese si registravano ancora solo poche centinaia di casi di positività. Il 14 Aprile il primo ministro Modi, in un discorso alla nazione a reti unificate, il terzo in poche settimane, ha ufficializzato quanto […]

Di fronte all’emergenza coronavirus l'India è intervenuta immediatamente, annunciando un lockdown completo di 21 giorni il 23 marzo scorso quando nel paese si registravano ancora solo poche centinaia di casi di positività. Il 14 Aprile il primo ministro Modi, in un discorso alla nazione a reti unificate, il terzo in poche settimane, ha ufficializzato quanto era già nell’aria: il lockdown sarebbe stato prolungato per ulteriori due settimane, fino al 4 maggio. La chiusura totale sembra stia dando buoni risultati in termini di contenimento.

L'intervento tempestivo del governo è stato dettato dal timore che il contagio potesse prender piede in maniera incontrollata, propagandosi nelle grandi periferie urbane, nei villaggi rurali, in quegli slums dove le persone vivono così agglutinate da rendere il “social distancing” pressoché impossibile. L’applicazione rigorosa di misure di contenimento preventivo si è rivelata una scelta saggia per evitare una potenziale catastrofe umanitaria in un paese ove la spesa sanitaria pubblica, pari allo 0,9% del Pil, è tra le più basse del mondo (per una comparazione, in Cina è del 2,9%) e il cui sistema ospedaliero ha solo 0,5 posti letto e 0,8 medici ogni mille abitanti.

Il lockdown indiano è stato più rigido nelle sue modalità applicative di quanto sia accaduto nella stessa Italia: sospensione totale dei voli commerciali, sia nazionali che internazionali, interruzione del trasporto ferroviario e stradale, chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, delle aziende, delle fabbriche che non producessero beni essenziali e degli uffici governativi che non si occupassero di ordine pubblico, sanità e vettovagliamento. Nelle maglie di questo improvviso giro di vite sono incappati i cosiddetti “immigranti interstatali”, 65 milioni di lavoratori del settore informale che sono stati protagonisti di un inedito esodo, ampiamente coperto dalla stampa, dalle megalopoli urbane ai remoti villaggi d’origine. Si è trattato forse dell’unico “glitch” nell’organizzazione di un lockdown altrimenti attuato in maniera impeccabile ed a cui anche la comunità diplomatica, spesso proveniente da paesi in cui il virus si era manifestato con settimane d’anticipo accanendosi con forza maggiore sulla popolazione, ha dato il proprio contributo di buon grado, collaborando in maniera costruttiva con le autorità locali.

Da un punto di vista economico, le più recenti stime del Fondo Monetario Internazionale hanno previsto che quest’anno, nonostante il lockdown, l'India sarà l'unico Paese G20 – insieme alla Cina – destinato a crescere. Secondo il FMI, il tasso di crescita indiano si attesterà nel 2020 all’1,9%, quello cinese all’1,2%, a fronte di una crescita negativa dei Paesi dell’UE (Italia -9,1%, Spagna -8%, Francia -7,2%, Germania -7%). A differenza degli altri grandi players internazionali insomma, l'India presenta una prospettiva, seppur debolissima, di crescita, che ovviamente andrà di volta in volta riverificata alla luce della durata complessiva del lockdown, delle dimensioni che assumerà il contagio e dell’efficacia di lungo periodo dei piani di contenimento.

Anche in India è in atto un vivace dibattito sulla cosiddetta “Fase 2” e si lavora già alla ripartenza, con un piano di riapertura graduale a partire dai distretti meno colpiti dal virus. Da segnalare che purtroppo, tra gli stati che registrano il numero più elevato di casi positivi, vi sono anche quelli più industrializzati quali Maharashtra, Tamil Nadu e Gujarat, i “motori” economico-commerciali del Subcontinente.

In questa fase delicata di transizione, l’Ambasciata d’Italia sta lavorando quotidianamente a stretto contatto con la comunità imprenditoriale italiana in India, anche organizzando momenti di incontro “virtuali”. Al primo webinar, organizzato lo scorso 15 aprile, si sono collegate oltre 200 aziende per assistere agli interventi di SACE, ICE, InvestIndia e interagire nella sessione di Q&A. In collaborazione con la Camera di Commercio, abbiamo inoltre somministrato un questionario alle circa 680 imprese italiane presenti in loco, chiedendo loro di segnalarci le criticità e le sfide maggiori riscontrate durante il lockdown. La maggior parte degli intervistati ha lamentato problemi di liquidità e di accesso al credito e, anche per rispondere a queste esigenze, abbiamo in programma un nuovo webinar con la partecipazione del presidente di SIMEST Salzano, volto a illustrare soft loans, finanziamenti agevolati e altri strumenti finanziari al servizio delle imprese all’estero.

In questo periodo abbiamo anche assistito aziende italiane esportatrici nella risoluzione di problemi di sdoganamento merci e blocco di container imputabili al funzionamento a singhiozzo della catena logistica che sta attualmente caratterizzando l’India, come del resto altri paesi.

Nell’attesa che il nostro Partenariato strategico a orizzonte quinquennale con l’India possa riprendere slancio dispiegando pienamente i propri effetti nei cinque settori-traino individuati (energie rinnovabili, infrastrutture, food processing, “make in India” e lifestyle), posso affermare che la collaborazione con l’India in questa fase emergenziale è stata eccellente sotto ogni punto di vista.

Credo che tale valutazione positiva dipenda da una rinnovata convergenza di obiettivi tra Delhi e Roma e, in chiave più ampia, tra Delhi e Bruxelles. L'India sta infatti reagendo alla crisi del coronavirus rilanciando a tutto campo una prospettiva di collaborazione internazionale di dimensione multilaterale. È un segnale importante, emerso con chiarezza anche dai recenti interventi del primo ministro Narendra Modi, perché l'India è un player fondamentale in ambito G20, esercizio di cui assumerà la presidenza nel 2022, subito dopo il nostro paese. Vi è dunque spazio, anche in quest’ambito, per approfondire la cooperazione, rafforzare la coincidenza di vedute tra India e Italia, lavorando a un’agenda comune.

Proprio la crisi del coronavirus sta insomma riproponendo con urgenza il tema di una governance globale multilaterale, dell'importanza di organizzazioni internazionali solide che siano in grado di stabilire regole comportamentali, standard e anche investimenti in paesi bisognosi di infrastrutture sanitarie. Come Modi ha sottolineato a gran voce nel meeting virtuale dei leader G20 dello scorso 26 marzo, occorre un maggiore empowerment dell’OMS, sia in termini di potenziamento della sua capacità di early-warning che di contributo alla ricerca sui vaccini. In questo, le priorità indiane e quelle europee coincidono, in una convergenza suscettibile di essere estesa, a crisi finita, ad altri ambiti d’azione.

 

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