25 Mag 2020

Hong Kong: protesta continua

Cariche della polizia e centinaia di arresti alla manifestazione di Hong Kong contro la legge sulla sicurezza nazionale. Gli Usa minacciano sanzioni alla Cina che rilancia: “no ad interferenze esterne”.   Nuova fiammata a Hong Kong nelle proteste di piazza contro il governo di Pechino. Migliaia di persone sono scese in strada per manifestare contro […]

Cariche della polizia e centinaia di arresti alla manifestazione di Hong Kong contro la legge sulla sicurezza nazionale. Gli Usa minacciano sanzioni alla Cina che rilancia: “no ad interferenze esterne”.

 

Nuova fiammata a Hong Kong nelle proteste di piazza contro il governo di Pechino. Migliaia di persone sono scese in strada per manifestare contro la decisione della leadership comunista riunita nell’Assemblea nazionale del popolo cinese di affidare al proprio organo legislativo la stesura di una legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong e Macao. Un’iniziativa che infligge un duro colpo all’amministrazione speciale della regione. Fino ad ora, la pubblica sicurezza era rimasta infatti di competenza dei governi locali, come previsto dal principio “un paese, due sistemi” che regola le relazioni tra Pechino, Hong Kong e Macao. La nuova legge potrebbe modificare questo assetto, consentendo una pericolosa intromissione delle autorità continentali, che sarebbero chiamate ad occuparsi direttamente delle minacce alla sicurezza nazionale (come il separatismo e il terrorismo). Il pericolo, secondo gli attivisti, è che Pechino sfrutti la normativa per reprimere il dissenso politico e, in generale, tutto ciò che considera attività sovversiva. I sussulti provenienti da Hong Kong non potevano non avere risonanza a livello diplomatico, sul già instabile asse Pechino-Washington. Il consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, Robert O'Brien, ha detto che se Pechino imporrà la legge sulla sicurezza nazionale con la forza, gli Stati Uniti probabilmente imporranno sanzioni alla Cina. A stretto giro è arrivata la risposta della Cina: “Se gli Usa continuano a danneggiare i nostri interessi, prenderemo le necessarie contromisure”.
 

 

 

Una protesta che viene da lontano?

La legge sulla sicurezza nazionale rappresenta l’ultimo focolaio di un attrito che riaffiora con cadenza regolare tra Hong Kong e Pechino. A covare sotto la cenere è il tentativo di limitare sempre di più l'autonomia di Hong Kong da parte delle autorità continentali. Una strategia a lungo termine che fa parte dell’agenda della nuova Cina del presidente Xi Jinping. La proposta di legge sulla sicurezza nazionale, come già quella sull’estradizione, introdotta e poi ritirata, assesta un duro colpo al principio “un paese, due sistemi”, emerso dalle negoziazioni con il Regno Unito quando il territorio fu ceduto alla Cina nel 1997. Con quell’accordo Pechino si impegnava a mantenere sull’isola l’autonomia del sistema giuridico, almeno fino al 2047, con particolare riguardo alla libertà di pensiero e al diritto di manifestare. Se c’è dunque un filo rosso che lega il movimento di protesta dal 2014 – ‘la rivoluzione degli ombrelli’ – ad oggi, è pur vero che ci sono delle differenze: allora si scendeva in piazza per chiedere a Pechino di fare un passo indietro e lasciare che Hong Kong godesse di effettive elezioni democratiche; oggi, come ieri, si cerca di fermare una legge che potrebbe limitare ancora di più lo stato speciale della città.

 

Perché Hong Kong è importante per Pechino?

Hong Kong rimane un centro finanziario importantissimo per Pechino e uno snodo cruciale nei progetti di sviluppo economico, finanziario e tecnologico cinese. Negli ultimi mesi, il binomio congiunto di proteste e lockdown hanno messo a rischio la stabilità politica ed economica della città. Per Pechino, Hong Kong rimane il fulcro della Greater Bay Area, un hub per la trasformazione digitale, finanziaria e infrastrutturale in grado di oscurare la Silicon Valley e la Baia di Tokyo. E oggi per Pechino non è possibile rinunciarci, soprattutto se vuol raggiungere il seppur minimo tasso di crescita previsto per quest’anno dal Fondo monetario internazionale (circa +1.2%). Ma la mossa della Cina per essere sempre più presente a Hong Kong non è un impulso avventato, dovuto solo alla pandemia. “È un atto deliberato, frutto di mesi in preparazione – osserva Stephen Lee Meyers sulle colonne del Nyt – Ha tenuto conto dei rischi dell'umore internazionale e ha raggiunto la ragionevole supposizione che non ci sarebbe un prezzo geopolitico significativo da pagare”.

 

Scontro Usa-Cina: ultimo atto?

Il consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, Robert O'Brien, lo ha detto chiaro e tondo: "È difficile prevedere come Hong Kong possa restare un centro finanziario in Asia se la Cina assume il controllo”. Un’affermazione che punta dritta al cuore delle preoccupazioni dei mercati se, poche ore dopo, Xie Feng, commissario del ministero degli Esteri cinese a Hong Kong ha cercato di rassicurare gli investitori internazionali dicendo che “la nuova legge non danneggerà gli interessi di nessuno” ma anzi, “metterà fine ad oltre un anno di disordini e caos, creando un contesto più sicuro e stabile per chi vuole investire nella regione”. Venerdì sera, dopo l’annuncio dell’Assemblea nazionale del popolo sulla nuova legge, l’indice Hang Seng di Hong Kong ha perso il 5,6% negli scambi. Lunedì mattina, dopo scontri di domenica, ha aperto con un ribasso dell’1,8% prima di recuperare in chiusura con un rialzo dello 0,2%.

E ora? “Sapevamo tutti che prima o poi sarebbe successo – dice Ronald Chan, fondatore del fondo di investimento Chartwel Capital al Financial Times – Abbiamo fatto il possibile per proteggere il mercato e prepararci alla tempesta in arrivo”. Gli investitori trattengono il fiato, per capire se ci saranno possibili ritorsioni da Washington. E se sarà proprio la legge sulla sicurezza nazionale, il punto di rottura tra Cina e Stati Uniti.

 

Il commento

di Giulia Sciorati, ISPI Osservatorio Asia, Programma Cina

“Seppur vantaggiosa dal punto di vista interno, la stretta su Hong Kong mette ancora più a rischio le relazioni tra la Cina e gli Stati Uniti. Dopo le proteste dello scorso anno Trump aveva firmato l’Atto per la democrazia e i diritti umani a Hong Kong che, tra le altre, richiede che il Dipartimento di stato e altre agenzie nazionali conducano una revisione annuale sullo stato politico della città che determini se cambiamenti nelle relazioni tra Hong Kong e Pechino rendano obsoleti i parametri speciali che regolano le relazioni commerciali tra Hong Kong e gli Stati Uniti.

Se ciò dovesse cambiare, le conseguenze sul commercio bilaterale e, di conseguenza, sulle due economie non tarderebbero a farsi sentire, provocando un ulteriore “effetto a catena” su un’economia globale già indebolita dalla pandemia.”

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)

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