11 Mar 2021

Quale futuro per il Patto di Stabilità?

Stupide. Tanto lo sono che con il Covid-19 le regole fiscali per l’Unione Economica e Monetaria (UEM) dell’UE sono state sospese. Ancora riecheggia, dopo quasi venti anni, quell’attributo poco istituzionale espresso da una delle più istituzionali figure dell’UE. Il Presidente della Commissione Romano Prodi aveva criticato, in un’intervista a Le Monde del 18 ottobre 2002, […]

Stupide. Tanto lo sono che con il Covid-19 le regole fiscali per l’Unione Economica e Monetaria (UEM) dell’UE sono state sospese. Ancora riecheggia, dopo quasi venti anni, quell’attributo poco istituzionale espresso da una delle più istituzionali figure dell’UE. Il Presidente della Commissione Romano Prodi aveva criticato, in un’intervista a Le Monde del 18 ottobre 2002, la rigidità del Patto di Stabilità e Crescita (di seguito “il Patto”).

Il Patto si reggeva su due pilastri: la carota della teutonica credibilità sul fronte di politica monetaria e il bastone che, partendo da una lieve lesa maestà per un controllo preventivo sui saldi di finanza pubblica poteva arrivare fino a una meno lieve sanzione monetaria in caso di deficit eccessivo, la famigerata soglia del 3% del Pil. L’oggettività di tali regole, che in maniera manichea dividevano le politiche fiscali in virtuose e viziose in base al saldo annuale, non facevano giustizia della qualità della spesa pubblica. Fatto sta che un anno dopo, la stupidità del disegno del Patto si è traslata a valle sul suo enforcement quando, nel novembre 2003, il Consiglio non ha votato le sanzioni proposte dalla Commissione per Francia e Germania per deficit eccessivo[1].

 

I tentativi di riforma

Il campanello d’allarme aveva comunque suonato, e nel 2005 il Patto è stato riformato. Ma non nella direzione auspicata da Prodi, ovvero quella di scorporare dal calcolo del deficit ‘cattivo’ ai fini del Patto la spesa per investimenti funzionali alla crescita, la cosiddetta golden rule. La riforma del 2005 ha invece dato più attenzione al ciclo economico invitando i Paesi a inasprire la politica fiscale nei periodi favorevoli, e consentendo più margine di manovra per allentarla nei periodi difficili. Con questa maggiore flessibilità nell’interpretazione delle regole il Patto ha sembrato funzionare nel biennio successivo fino alla crisi finanziaria (tranne per i conti truccati della Grecia, ma questa è un’altra storia).

Nel 2008 sì è scoperta un’ulteriore fragilità nel sistema di coordinamento dell’EMU. Un’ossessione monomaniacale sui saldi pubblici aveva eclissato altri squilibri tra i quali, per esempio, quello sul fronte del debito privato. Una politica di bassi tassi nell’area euro, coerente con l’inflazione media, aveva generato una bolla di contingent liabilities esplosa in Paesi quali Irlanda e Spagna. In realtà la crisi sarebbe arrivata anche per altri Paesi che si erano precedentemente indebitati mascherati da tedeschi (quando ancora la parola spread non era entrata nel linguaggio comune) pensando di ingannare i mercati rimandando le necessarie riforme strutturali; mercati che evidentemente non avevano creduto nella crudeltà della clausola di ‘no bail-out’ del Trattato[2].

Durante la crisi del debito sovrano, tra il 2011 e il 2014, il Patto viene interessato da una sequenza di riforme note in gergo dei cognoscenti Six-Pack’, ‘Two-Pack’ e ‘Fiscal Compact. Interessante è quella che mira a risolvere quanto accaduto in Consiglio nel novembre 2003, rendendo automatiche le sanzioni proposte dalla Commissione senza bisogno dell’approvazione del Consiglio, il quale potrà soltanto bloccarle, a maggioranza qualificata. Ma una procedura più decisa sull’enforcement è stata accompagnata da una maggiore discrezionalità con la quale le politiche fiscali sono valutate dalla Commissione[3].

 

Arriva il Covid-19 e il Patto viene sospeso

Il 3 marzo scorso la Commissione Europea, nella persona del Commissario per l’Economia Paolo Gentiloni, ha deciso di estendere dal 2021 al 2022 la sospensione del Patto decisa l’anno scorso[4]. Questo per permettere ai Paesi di contrastare gli effetti della pandemia causata dal Covid-19. Questa sospensione è possibile grazie ad una clausola di salvaguardia attivabile in tempi di grave recessione economica per consentire ai Paesi di allontanarsi temporaneamente dal percorso di avvicinamento verso i valori simbolo di una politica fiscale virtuosa. Secondo i dati pubblicati dalla Commissione a febbraio 2021[5], dopo la contrazione del Pil del 6,8% del 2020, l’area euro dovrebbe crescere del 3,8% nel 2021 e nel 2022.

 

Dopo il Covid-19, si ritornerà allo stesso Patto?

Con ogni probabilità il Consiglio approverà la proposta della Commissione di tenere congelato il Patto ancora fino al 2022. Con il previsto rimbalzo del Pil sembrerebbe che nel 2023 si possa tornare allo status quo. Si ritornerà quindi allo stesso Patto?

Dopo oltre venti anni dall’entrata in vigore del Patto si sono accumulate regole di politica fiscale basate su quattro diverse variabili: deficit, debito, spesa e saldo del bilancio strutturale. Per quest’ultimo è richiesto il calcolo del livello di Pil in una situazione né di boom economico né di recessione; essendo questa situazione del tutto teorica e non osservabile possono utilizzarsi diverse metodologie come fanno, ad esempio, Commissione Europea, FMI e OCSE[6].

Tutta questa complessità trova forma nel vademecum al Patto che la Commissione pubblica fin dal 2013: l’ultima edizione consta di ben 108 pagine[7] dove l’oggettività iniziale, fonte di stupidità (Prodi dixit), è stata sacrificata sull’altare della flessibilità e della negoziazione tra Paesi e Commissione. La prova? nonostante multiple violazioni, nessun Paese ha mai pagato alcuna sanzione[8]. Ma poi, che senso avere multare un Paese che ha già problemi di bilancio?

Già prima del Covid la Commissione europea aveva avviato, nel febbraio 2020, un dibattito pubblico sull’efficacia della sorveglianza economica [9]. Adesso il quadro è cambiato drammaticamente, basta guardare il salto del debito pubblico: la media dei 19 Paesi dell’area euro passerà, dal 2019 al 2021, dal 72,3% all’87,6%.

 

Debito pubblico
(% Pil)

Fonte: Commissione Europea – AMECO

 

Molti Paesi sono ben lontani da quel 60% considerato un livello di debito pubblico sostenibile dati altri parametri che, ai tempi del Trattato di Maastricht, riflettevano ipotesi realistiche.

È vero che non esiste una soglia al di sopra della quale un debito è di per sé insostenibile; ma è anche vero che sono finiti i giorni dei tassi di finanziamento del debito pubblico ‘alla tedesca’. Dopo la crisi finanziaria gli spread di molti Paesi fortemente indebitati sono rimasti positivi e la spesa per interessi sottrae risorse che potrebbero essere investite per la sostenere la competitività. Il trend degli investimenti[10] nell’area euro era già calante: la media nei 19 membri era passata dal 24% del Pil nel decennio 1999-2008, al 20% nel decennio 2010-2019. E il Covid-19 rischia di ridurli ulteriormente.

Sicuramente il cosiddetto “Dispositivo per la ripresa e la resilienza” (meglio noto come Recovery and Resilience Facility) aiuterà a sostenere l’attuazione delle riforme e degli investimenti con 312,5 miliardi di euro in sovvenzioni e fino a 360 miliardi di euro in prestiti. Tuttavia questo strumento di debito europeo è temporaneo e qualsiasi riforma del Patto non potrà derogare a due regole fondamentali: una matematica e una politica.

La politica fiscale di un Paese è soggetta a un vincolo di bilancio intertemporale: i deficit devono essere controbilanciati da surplus in modo tale che la loro somma, tenendo in conto il valore del tempo, sia zero; se così non fosse, il debito nel lungo periodo esploderebbe e nessuno sarebbe disposto a finanziare un Paese con tale rischio.

Nell’UE, ma anche in altri contesti, l’assistenza finanziaria, come anche forme di mutualizzazione del debito arriva a delle condizioni che, per i cultori della sovranità nazionale, può essere un costo significativo. Del resto, non esiste un pasto gratis.

 

NOTE

[1] Sentenza della Corte di Giustizia del 13 luglio 2004 (link).

[2] La Corte di Giustizia ha stabilito che la clausola di no bail-out vieta ai Paesi membri di concedere assistenza finanziaria a un Paese se ciò risulterebbe diminuire il suo l’incentivo a condurre una sana politica di bilancio. Tuttavia, se l’assistenza finanziaria a favore di un Paese è invece volta a salvaguardare la stabilità dell’area euro nel suo complesso, ed è soggetta a condizioni come nel caso del Meccanismo Europeo di Stabilità, allora non viola il Trattato (sentenza del 27 novembre 2012 relativa al caso Pringle C-370/12). ( link)

[3] Vedere per esempio l’art. 2 par. 3 del Regolamento del Consiglio CE 1467/97 del 7 luglio 1997 modificato nel 2011 dal Regolamento del Consiglio UE 1177/2011 (link).

[4] Il 23 marzo 2020, il Consiglio Ecofin ha approvato la Comunicazione della Commissione del 20 marzo 2020 sull’attivazione della clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita COM (2020) 123 (link).   

[5] Commissione Europea, “European Economic Forecast – Winter 2021″, European Economy Institutional Paper 144 (2021) (link).    

[6] Parlamento Europeo, “Potential output estimates and their role in the EU fiscal policy surveillance” Economic Governance Support Unit (EGOV), Directorate-General for Internal Policies, PE 547.407, febbraio 2020 (link).

[7] Commissione Europea, “Vade Mecum on Stability and Growth Pact”, European Economy Institutional Paper 101 (2019) (link). 

[8] Vedere in proposito il Cap. 3 di “When and How to Deactivate the SGP General Escape Clause? Fiscal Surveillance after the Break”, Parlamento Europeo, Economic Governance Support Unit (EGOV), Directorate-General for Internal Policies, PE 651.376, dicembre 2020 (link).

[9] Commissione Europea, “Riesame della governance economica”, COM (2020) 55 del 5 febbraio 2020 (link)

[10] Utilizziamo gli “Investimenti fissi lordi” definiti come acquisizioni di produttori residenti, meno cessioni, di immobilizzazioni materiali e immateriali. Ciò riguarda, in particolare, macchinari, attrezzature, veicoli, abitazioni e altri edifici.

Pubblicazioni

Vedi tutti

Corsi correlati

Vedi i corsi
Not logged in
x