17 Mag 2021

Libia: un precario equilibrio politico

Focus Mediterraneo Allargato n.16

Nelle ultime settimane la Libia sta vivendo un momento di rinnovata speranza politica, dopo quasi due anni di conflitto interno causato dalle mire espansioniste del maresciallo di campo Khalifa Haftar che, con il suo assedio su Tripoli, ha non solo impoverito ulteriormente il paese, ma anche spinto diversi attori stranieri come Turchia, Qatar, Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti a un cambio di marcia riguardo alla loro intromissione nelle dinamiche interne libiche. I fronti di supporto, incuranti delle richieste ufficiali di ritiro, si sono in questo senso ulteriormente espansi, lasciando molti dubbi sull’effettiva possibilità di una stabilizzazione in vista delle elezioni, decise per la fine del 2021. Di fronte a una simile discrasia tra ambito politico e militare, è lecito dubitare se, anche qualora il processo elettorale venga messo in atto, sia poi rispettato da tutte le parti in causa.

 

Quadro interno

Le Nazioni Unite, attraverso l’operato della Missione di sostegno in Libia (Unsmil), si sono mosse contemporaneamente sul fronte politico e su quello militare. I 74 membri del Libyan Political Dialogue Forum (Lpdf) hanno votato lo scorso febbraio a Ginevra per un nuovo esecutivo di unità nazionale, il Governo di unità nazionale (Gnu), rappresentato da Abdul Hamid Dbeibah (proveniente da Misurata) in qualità di primo ministro e Mohammed al Menfi (originario della Cirenaica) come presidente del Consiglio presidenziale formato da altri due membri già noti: Mossa al-Koni (tuareg del Fezzan) e Abdullah Hussein al-Hafi (di Zawiya in Tripolitania). Il 10 marzo questo ticket politico ha ottenuto a Sirte il voto di fiducia dalla Camera dei Rappresentanti (HoR) di Tobruk con una maggioranza schiacciante. Fanno parte di questa amministrazione 27 ministri, 6 sottosegretari di Stato, due vice primi ministri: una compagine numericamente robusta che tuttavia lascia qualche dubbio sulla propria funzionalità decisionale e operativa. Esso comunque rappresenta un’iniezione di fiducia per un paese che mancava di un vero e proprio esecutivo condiviso dal 2014, anche se è chiaro che la sua funzione primaria è quella di traghettare la Libia alle elezioni nazionali previste per il 24 dicembre 2021.

Il paese, nel frattempo è allo stremo, sia per evidenti falle del sistema economico, sia per la guerra, sia per la crisi sanitaria creata dalla pandemia da Covid-19. Al 27 aprile 2021 i contagi denunciati in Libia dall’inizio della pandemia sono 176.254 con 3.010 decessi. Può essere utile ricordare le cifre dell’ultimo report che il 18 gennaio 2021 segnalava 109.088 casi di infezione con 1.665 decessi. A questo riguardo il Gnu ha iniziato collaborazioni con Russia (Sputnik V) e Turchia (Sinovac) per l’invio massiccio di dosi vaccinali per la campagna di massa, iniziata con molto ritardo a metà aprile.

Il 16 aprile le Nazioni Unite hanno approvato all’unanimità due nuove risoluzioni (2570 e 2751) riguardanti la necessità di agevolare in ogni modo il processo elettorale e il ritiro delle truppe armate straniere presenti sul territorio, nonostante la precedente richiesta di ritiro emanata il 23 ottobre 2020 dalla Commissione militare congiunta formata da cinque ufficiali del Governo di accordo nazionale (Gna) e cinque dell’Esercito nazionale libico (Lna), e che aveva come data di scadenza il 23 gennaio 2021. Proprio la Risoluzione 2570 prevede, tra l’altro, l’invio di osservatori nell’ambito di UNSMIL per il monitoraggio del cessate il fuoco. Resta da affrontare il problema della partenza dei ben oltre 20.000 mercenari presenti in Libia. Grazie anche a nuovi accordi da poco firmati la Turchia ha rafforzato la propria presenza in Tripolitania, così come Russia ed Emirati Arabi Uniti all’interno del canale sirtico. 

La situazione politica, molto più promettente di qualche mese fa, non ha sanato i gravissimi problemi del paese. A causa dei continui scontri fra fazioni antagoniste, le infrastrutture sono collassate: ci sono problemi alla rete elettrica, in quanto al momento soltanto la metà delle centrali è realmente funzionante; così come tante sono le falle della rete idrica. Le poche strade di collegamento, come ad esempio la litoranea, sono state bombardate o necessitano di essere sminate[1], così come gli ospedali della capitale, gravemente danneggiati.

A livello economico la Libia rimane estremamente fragile, soprattutto a causa della quasi totale mancanza di un’iniziativa privata, schiacciata dalla rendita generata dall’estrazione petrolifera che rimane nelle mani dello stato. Nel corso del 2020, tuttavia, la produzione – a causa della guerra e della minore richiesta di petrolio dovuta alla pandemia – è crollata da 1,2 milioni di barili al giorno a meno di 200.000, generando un danno economico straordinario. Il governo è stato allora costretto a rivedere la spesa pubblica del 22%, tagliando di conseguenza del 20% i salari dei propri dipendenti (la maggioranza dei libici aventi un’occupazione). Uno dei compiti non tanto di questo governo, quanto di quello che dovrà emergere dalle prossime elezioni di dicembre, sarà quindi quello di potenziare il sistema privato e di diversificare l’impianto economico. Fragile resta il tessuto sociale, segnato da anni di lotte intestine e da scontri tra milizie.

Un punto importante di riflessione è che al momento il Gnu, pur avendo un mandato temporaneo di pochi mesi, ha proposto un budget gigantesco di quasi 100 miliardi di dinari ($22 miliardi) per il 2021, con un’agenda all’insegna dell’espansione e degli investimenti strutturali, ma con pochissimi accenni alle elezioni. Il 20 aprile quello stesso budget è stato bocciato dall’HoR e rimandato al mittente con molti punti di correzione[2].

Altri poi sono i problemi sul tavolo. Come abbiamo visto, un tema fondamentale è quello legato alla sicurezza, con truppe straniere operative su territorio libico e migliaia di miliziani libici in lotta fra loro per la spartizione del potere. Sono loro a costituire la più grande minaccia per una stabilizzazione duratura.

Un’altra faida che Dbeibah si troverà a dover risolvere è quella, esistente ormai da anni, fra Mustafa Sanalla, chairman della Libya National Oil Corporation (Noc) e Sadiq al-Kabir, governatore della Banca centrale (Cbl) riguardo alla volontà della Noc di riscuotere direttamente gli introiti provenienti dal petrolio e di non farli passare dalla Cbl. Probabilmente il fatto che Dbeibah abbia creato un ministero per il Petrolio (inesistente ai tempi del Gna) indicare l’intenzione di resistere alla richiesta di Sanalla e gestire le entrate petrolifere attraverso il ministero e sotto la responsabilità diretta del Gnu.

Molti sono anche i dubbi sul fatto che Dbeibah, una volta accettata la carica governativa, decida di lasciare entro la data prestabilita: questo sarebbe ancora più difficile qualora questi mesi di transizione accumulassero successi per la sua squadra.

Le sfide, tuttavia, rimangono esattamente quelle che aveva davanti il Gna, ed è quindi fondamentale usare la massima cautela nell’approcciarsi al paese.

 

Relazioni esterne

Lo scorso 6 aprile, preceduto da un incontro tra i ministri degli Esteri d’Italia, Francia, Germania e dalla visita a Tripoli del presidente del Consiglio europeo Charles Michel, è avvenuto l’incontro di Dbeibah con il presidente del Consiglio Mario Draghi nella capitale libica. In quell’occasione si è parlato di un rafforzamento della cooperazione strategica fra i due paesi, non solo per quanto concerne, ovviamente, il ruolo di Eni, ed è stata esaminata anche la prospettiva di una ripresa dell’accordo – vero e proprio partenariato – firmato dall’allora primo ministro Silvio Berlusconi con Gheddafi e che prevedeva la costruzione di un’infrastruttura fondamentale come la Litoranea Benghasi-Tripoli: un’autostrada di 1.750 km per unire la parte est del paese con quella ovest[3]. Durante l’incontro Dbeibah-Draghi è stato altresì sottolineato il profondo apprezzamento per l’egregio lavoro compiuto dall’ambasciata italiana – l’unica funzionante sino a oggi dal 2015 – e dai suoi funzionari che hanno rischiato le proprie vite più di una volta per il bene della collaborazione fra le due nazioni. A stretto giro, Dbeibah ha incontrato anche il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis[4] nell’ottica di ristabilire costruttive relazioni diplomatiche, profondamente destabilizzate in seguito alla firma del Memorandum of Understanding (MoU) del 2019 tra l’allora primo ministro Serraj e il presidente turco Erdoğan riguardo all’influenza sulle zone economiche esclusive (ZEE) e che aprì, allora, la strada all’impegno turco militare in Tripolitania[5], al momento ufficialmente esteso sino al giugno 2022.

A questo proposito, il 12 aprile si è tenuta la visita ufficiale Dbeibah ad Ankara con 14 ministri, dove è stato riconfermato il MoU. In quel frangente sono seguiti altri quattro accordi riguardanti l’istruzione, nuovi impianti energetici, gestione dei mezzi di comunicazione e la costruzione di un nuovo hub aeroportuale internazionale che si opporrebbe a quello già esistente – e ancora in fase di ristrutturazione da parte italiana – dello scalo di Mitiga, nei pressi di Tripoli. Dbeibah ed Erdogan hanno anche concordato la gestione di un Libya-Turkey Strategic Cooperation Council per facilitare le molte collaborazioni fra i due paesi[6].

Il 15 aprile, invece, Dbeibah si è recato a Mosca con un’altra, sebbene più ristretta, delegazione di ministri per discutere di collaborazioni future[7]. La Russia ha accolto con entusiasmo l’apertura di Dbeibah e la conseguente prospettiva di una rinnovata cooperazione militare, così come confermato dal ministro della Difesa Sergei Shoigu. Rimane, tuttavia, un’ombra riguardo al modus operandi del Cremlino che, ormai in molti paesi africani, si muove attraverso contractors privati, assolutamente disinteressato alle dinamiche locali, così come si è ben potuto osservare in Libia. Ultimamente, tra l’altro, i mercenari del Wagner Group (di proprietà di Evgenji Progozhin, stretto collaboratore di Putin, già sanzionato negli scorsi mesi) pare abbiano chiamato ulteriori unità di rinforzo (300 siriani pro-Assad) per pressare le tribù del Fezzan a favore del maresciallo di campo Khalifa Haftar[8], e che si andrebbero ad aggiungere alle unità del Wagner tra Sirte e Jufra[9].

Parallelamente sono diverse le fonti che parlano di un trasferimento da parte degli Emirati Arabi Uniti di materiale militare dalla base di Assab[10], nel Corno d’Africa[11], in Egitto, a Sidi Barrani, a soli 270 chilometri da Tobruk.

I turchi hanno inevitabilmente rafforzato la propria presenza nel paese non solo a livello militare, ma a questo punto anche economico. Controllano, infatti, nella base aerea di al-Watiya, al confine con la Tunisia, e nella base navale di Misurata, oltre che in quelle terrestri di al-Yarmouk e Sidi Bilal a Tripoli, nell’aeroporto di Mitiga e nella base specifica per droni sempre nella capitale[12]. Pare, inoltre, che la Turchia abbia trasferito in Libia – sebbene mesi fa – un numero limitato di carri armati americani M60 Patton[13], alcuni rilevati nella base di Tajura, che rappresenterebbe un’ulteriore violazione diretta all’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite ormai da un decennio e che in pochi hanno rispettato. Considerando che Ankara avrebbe posizionato in Libia non solo carri armati, ma anche altri veicoli corazzati, artiglieria, droni, sistemi completi di difesa aerea, armi leggere e pesanti in generale, fregate e vascelli di diverso tipo, oltre ovviamente a proprio personale, tutto sembrerebbe propendere per una permanenza di non breve periodo.

Al momento gli egiziani sembrano, quantomeno a parole, intenzionati a lavorare per la stabilità della Libia e per la legittimità delle sue istituzioni, trovando una linea comune anche con Ankara. Ci sono stati numerosi incontri, in questo senso, nelle ultime settimane tra funzionari di Tripoli (e di Tobruk) e del Cairo, e lo stesso presidente al-Sisi si è detto convinto che la Libia vada supportata perché la sua sicurezza è strettamente connessa a quella egiziana e che essa, evidentemente, non è raggiungibile solo attraverso strategie militari. In questo senso la collaborazione con gli emiratini, profondamente convinti che la situazione possa essere risolta con le armi grazie a un uomo forte (in questo caso Haftar), è stata messa alla prova, e non solo in Libia, come hanno dimostrato le tensioni tra Egitto ed Etiopia riguardo alla costruzione della diga – la Grand Ethiopian Renaissance Dam (Gerd) – e la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Israele ed Emirati.

L’Annual Threat Assessment of the U.S. Intelligence Community (2021)[14], tuttavia, ha confermato che i rischi per il paese sono, nonostante i timidi progressi, assolutamente presenti e che non scompariranno nel corso di tutto il 2021.

[1] M. Ertima, “Libya’s military commission discusses mine clearance”, AA, 15 marzo 2021.

[2] S. Zaptia, “US Ambassador Norland sends gentle public nudge to Saleh on elections and budget”, Libya Herald, 25 aprile 2021.

[3]Il trattato Italia-Libia di amicizia, partenariato e cooperazione, Dossier, Contributi di Istituti di ricerca specializzati, n. 108, Servizio studi – Servizio Affari internazionali, Senato della Repubblica, gennaio 2009.

[4] “Mitsotakis to visit Libya after formal invitation from Dbeibah”, Greek City Times, 17 marzo 2021.

[5]Memorandum of Understanding between the government of the Republic of Turkey and the Government of National Accord-state of Libya on delimitation of the maritime jurisdiction areas in the Mediterranean.

[6] “Libya, Turkey renew commitment to maritime MoU, sign 5 new deals”, LibyaAlAhrar.TV.

[7] “Libyan Prime Minister arrives in Russia”, The Libya Observer, 15 aprile 2021.

[8] D. Aslan, “Russia’s Wagner pressures Libya’s southern tribes to support Haftar”, Daily Sabah, 16 aprile 2021.

[9] Ibidem.

[10] “UAE transferring military equipment to Libyan-Egyptian border”, The Libya Observer, 8 marzo 2021.

[11] J. Gambrell, “UAE dismantles Eritrea base as it pulls back after Yemen war”, AP News, 18 febbraio 2021.

[12] “Turkish Supplied M60 Main Battle Tanks to Libya”, Military Leak, 2 aprile 2021.

[13] J. Binnie, “M60 tanks transferred to Libya”, Jane’s, 31 marzo 2021.

[14]Annual Threat Assessment of the US Intelligence Community, Office of the Director of National Intelligence, United States of America, 9 aprile 2021.

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