20 Giu 2020

Decreto missioni: l’Italia rafforza la sua presenza in Africa

Sahel e oltre

Il decreto missioni internazionali approvato ieri al Senato, dà conferma, per il 2020, di un rinnovato interesse strategico dell’Italia in Africa subsahariana, nel quadro di un sistema di relazioni bilaterali e multilaterali su cui si fonda l’impegno militare e civile del paese. Due le novità di maggiore rilievo, riguardanti la partecipazione italiana alla task force ‘Takuba’ e l’impiego di mezzi aerei e navali per il contrasto alle attività di pirateria nel Golfo di Guinea.

Il Sahel

In primo luogo, il Sahel. Da alcuni anni il governo italiano ha rivolto alla regione saheliana – tradizionalmente fuori dai radar della politica africana di Roma – un’attenzione particolare, in ragione della necessità di rafforzare la presenza politico-militare in una delle aree cruciali per il transito dei flussi migratori diretti verso il Mediterraneo. In quest’ottica, l’apertura di ambasciate in Niger (2017), Guinea (2018) e Burkina Faso (2019), e la conclusione di accordi di cooperazione in materia di difesa con Niger (2017) e Burkina Faso (2019), hanno risposto alla fondamentale esigenza di consolidamento delle relazioni politico-diplomatiche con gli stati della regione. In un contesto di progressivo deterioramento della situazione di sicurezza e di profonda destabilizzazione regionale, alimentata da fattori molteplici – dall’attivismo di gruppi armati di ispirazione salafita-jihadista, legati ad al-Qa’ida (Jama'a Nusrat ul-Islam wa al-Muslimin, JNIM) o allo Stato Islamico (Islamic State in the Greater Sahara, ISGS), fino alla moltiplicazione di conflitti comunitari sullo sfondo di crescenti tensioni interetniche, o al radicamento di network criminali di traffico illecito – il decreto afferma la necessità di un coinvolgimento militare ulteriore dell’Italia in Sahel. In concreto, tale impegno dovrebbe tradursi nella partecipazione di personale militare italiano alla forza Takuba, con mandato di consulenza, assistenza e addestramento delle forze armate e delle forze speciali locali al mantenimento della sicurezza e alle operazioni di contrasto al terrorismo, rafforzamento delle capacità militari regionali e supporto logistico e operativo attraverso la fornitura di mezzi elicotteristici e il dispiegamento di asset aeroterrestri.

La divisione speciale di forze europee Takuba, che dovrebbe essere operativa tra l’estate del 2020 e la prima parte del 2021, è stata lanciata ufficialmente dal presidente francese Emmanuel Macron nel gennaio del 2020, in occasione del vertice di Pau, alla presenza dei capi di stato del G5 Sahel (Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania, Niger), oltre che del Segretario Generale ONU, Antonio Guterres, dell’Alto rappresentante per gli affari esteri dell’Unione Europea, Josep Borrell, del Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e del Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat. Il dispiegamento della task force nella regione di confine tra Mali, Niger e Burkina Faso – la regione delle ‘tre frontiere’ – risponde alla necessità francese di ottenere un più diretto coinvolgimento degli alleati europei nelle operazioni di contrasto ai fenomeni di estremismo violento di matrice jihadista, al fine di mutualizzare i costi di un impegno militare particolarmente gravoso per il bilancio francese, a fronte di una minaccia non più soltanto circoscritta al nord Mali ma regionale e, potenzialmente, globale.

La cooperazione securitaria internazionale in Sahel fa capo al dispositivo Barkhane, inaugurato da Parigi nel 2014, nel quadro di una complessiva riorganizzazione della presenza militare francese in Africa subsahariana, con l’obiettivo di lottare contro i gruppi armati terroristici, privandoli del supporto logistico dei network regionali e interrompendo i flussi di approvvigionamento in armi, e di assistere gli eserciti degli stati saheliani mediante il rafforzamento delle loro la capacità militare. L’aggravamento della situazione regionale ha richiesto un incremento progressivo dello sforzo francese nell’area del Liptako-Gourma, in corrispondenza dell’ansa del fiume Niger, tra il Mali centro-orientale, il nord del Burkina Faso e la regione sud-occidentale del Niger, che costituisce attualmente il punto focale delle operazioni di contro-terrorismo in Sahel: da 3.500 unità, il numero di militari di Barkhane è stato incrementato a 4.500 negli scorsi anni, e poco dopo il vertice di Pau un incremento ulteriore di 600 uomini ha portato il totale attuale a 5.100 unità militari, cui si aggiungono 3 droni, 7 caccia, 22 elicotteri, tra 6 e 10 aerei di trasporto, 290 blindati pesanti, 240 blindati leggeri e 380 mezzi logistici. Accanto al dispositivo francese, nel 2017 gli stati membri del network regionale G5 Sahel hanno deliberato l’istituzione di una forza congiunta composta da contingenti militari forniti dagli Stati membri (5.000 soldati), la Force Conjointe du G5 Sahel (FC-G5S), allo scopo di potenziare l’efficacia delle missioni di counterterrorism regionali, il contrasto alle attività criminali transfrontaliere e la lotta ai traffici di esseri umani, benché difficoltà logistiche e ristrettezze budgetarie ne abbiano limitato negli anni le capacità operative. Tra le novità introdotte a Pau, la Francia e gli stati saheliani hanno concordato la costituzione di un comando congiunto tra la forza Barkhane e la forza multinazionale del G5 Sahel. In questo contesto securitario si inserisce la task force Takuba, che agirà sotto il comando dell’Operazione Barkhane. L’annuncio della missione, a novembre 2019, era stato accolto con grande esitazione da parte degli stakeholder europei, reticenti rispetto all’ipotesi di impegnarsi militarmente in una missione a guida francese in Sahel. In seguito, le adesioni di Belgio, Danimarca, Estonia, Paesi Bassi, Portogallo e Svezia hanno reso la prospettiva di un rapido dispiegamento della forza europea nel Liptako-Gourma – quartier generale situato nella città maliana di Ansongo – più concreta.

La partecipazione dell’Italia alla task force europea è stata ipotizzata, in realtà, già dallo scorso febbraio: tra le dichiarazioni del vertice inter-governativo italo-francese di Napoli si faceva riferimento alla necessità che Italia e Francia continuassero a sostenere lo sviluppo delle capacità militari degli eserciti partner del G5 Sahel, e si sottolineava come il governo italiano stesse valutando le modalità possibili di un contributo alla missione Takuba. Il decreto missioni dà conferma dell’impegno assunto da Roma in questa direzione, a tutela dell’interesse nazionale nella stabilizzazione della regione saheliana, centro nevralgico di flussi migratori trans-continentali e fenomeni di estremismo violento. Su richiesta formale dei capi di stato del Mali e del Niger – base giuridica di supporto della missione – l’Italia dovrebbe fornire 200 unità militari, 20 mezzi terrestri e 8 mezzi aerei, per un bilancio totale di poco inferiore ai 16 milioni di euro. Il quadro politico entro cui interverrà la task force europea è quello della Coalition pour le Sahel, concepita per assicurare il coordinamento delle diverse dimensioni dell’intervento internazionale: la lotta contro i gruppi armati terroristici, il rafforzamento delle capacità degli eserciti nazionali nella regione, il ripristino dell’amministrazione statale sull’insieme dei territori nazionali e l’assistenza allo sviluppo 

A riprova della centralità strategica del Sahel nella politica estera italiana, il decreto prevede inoltre la proroga della missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (MISIN). La missione ha preso avvio ufficialmente nel settembre del 2018 – dopo mesi di stallo politico – con l’obiettivo di favorire un miglioramento delle capacità di controllo di territori e confini, il contrasto dei traffici illeciti trans-frontalieri, il potenziamento delle attività di sorveglianza e intelligence e l’addestramento delle forze speciali nigerine nella regione di Agadez. Il decreto, inoltre, conferma la partecipazione italiana alla missione di peacekeeping delle Nazioni Unite in Mali (la Missione integrata di stabilizzazione in Mali, MINUSMA) e alle missioni di training e capacity-building dell’Unione Europea (la missione di addestramento militare EUTM Mali; le missioni civili di sostegno e formazione delle forze di polizia e sicurezza interna EUCAP Sahel Mali e EUCAP Sahel Niger).

Il Golfo di Guinea

Novità di rilievo è rappresentata, inoltre, dall’accento posto sul contrasto alla pirateria e alla criminalità armata nel Golfo di Guinea, tra Nigeria, Ghana e Costa d’Avorio, dove l’interesse nazionale coincide in buona approssimazione con le attività di estrazione e sfruttamento di idrocarburi effettuate da ENI. Secondo un rapporto dell’Ufficio marittimo internazionale citato nel testo in discussione in Senato, nel 2019 le attività di pirateria nella regione hanno fatto registrare un sostanziale incremento, e il numero di membri degli equipaggi delle imbarcazioni in transito presi in ostaggio è aumentato da 78 a 121: il 90% circa dei sequestri in mare nel mondo sono avvenuti dunque in quest’area, mentre la minaccia potrebbe interessare sempre più da vicino stati come il Togo, il Benin, il Camerun, il Gabon, la Guinea Equatoriale e il Congo Brazzaville. Nel primo trimestre del 2020 il trend si è consolidato: sono stati 21 gli attacchi osservati nel Golfo di Guinea, 11 dei quali hanno riguardato la Nigeria, e 17 i marinai rapiti. Per arginare la minaccia e tutelare interessi e asset strategici, il decreto missioni 2020 dispone l’impiego di 400 militari, 2 mezzi navali e 2 mezzi aerei per assicurare la protezione delle piattaforme offshore e degli impianti di estrazione di ENI, garantire la sicurezza delle rotte di commercio marittimo nell’area, rafforzare la cooperazione e il coordinamento con gli stati africani che affacciano sul Golfo e fornire un’attività di sorveglianza navale non continuativa.

Il Corno d’Africa

Il testo del decreto dispone, infine, la proroga della partecipazione italiana ad alcune missioni dell’Unione Europea nel Corno d’Africa. Nonostante una minore incidenza del fenomeno nel corso degli ultimi due anni, prevenzione, deterrenza e contrasto alle attività di pirateria nel Golfo di Aden e a largo delle coste della Somalia costituiscono gli obiettivi fondamentali della missione europea EUNAVFOR Atalanta, a cui l’Italia prende parte con un contributo massimo di 407 unità militari, due mezzi navali e due aerei. In Somalia, inoltre, l’Italia partecipa alla missione europea di formazione, consulenza e addestramento delle forze armate nazionali (EUTM Somalia, con 148 militari e 20 mezzi di terra), con l’obiettivo ultimo di garantire un rafforzamento delle istituzioni somale e del governo federale di transizione, e alla missione civile di capacity-building della polizia somala (EUCAP Somalia). È confermata, inoltre, la missione bilaterale di training delle forze di polizia e sicurezza di Gibuti e Somalia (53 unità e 4 mezzi terrestri). Perno della presenza italiana nel Corno è rappresentato dalla base militare di Gibuti, che ospita un contingente di 117 uomini ed è stata istituita in seguito alla conclusione, nel 2002, di un accordo di cooperazione in materia di difesa tra i due stati.

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